Katalog

Andrzej Kałuża, 2017-01-20
Stargard

Pedagogika, Różne

L’interpretazione pedagogica del Pinocchio di Collodi sullo sfondo storico dell’ Ottocento

- n +

1. Introduzione.
,,...Pinocchio ha cent‟anni. La frase suona strana. In due sensi: da una parte, un Pinocchio centenario non si riesce a immaginarselo: dell‟altra, viene naturale di pensare che Pinocchio ci sia stato sempre; non ci si immagina un mondo senza Pinocchio”. [ Italo Calvino, Saggi 1945-1985, a cura di M. Barenghi, tomo I, pp. 801-7, p.175.] Quando una cosa è presente nella nostra vita sin dalla nascita siamo così abituati alla sua presenza che ci sembrerebbe veramente strano se non fosse più tra di noi. ,,...Cent‟anni, una fama estesa a tutto il pianeta e tutti gli idiomi, la capacità di sopravvivere indenne ai mutamenti del gusto, delle mode, del linguaggio, del costume......, poi una cerchia sempre più vasta d‟incondizionati culturali tra critici e autori della letteratura<>”. [Italo Calvino, Saggi 1945-1985, a cura di M. Barenghi, tomo I, pp. 801-7, p.175.] Questo libro picaresco di vagabondaggio come scrive Calvino si è inscritto nella letteratura italiana come un classico, un classico minore. Una storia che parla di locande mal frequentate e poi di sbirri e forche, impone il clima e il ritmo di un‟avventura picaresca. „...Il Pinocchio è un libro dei pochi libri di prosa che per la qualità della sua scrittura invita a esser mandato a memoria parola per parola, come fosse un poema in versi, dote che condivide nel Ottocento solo coi Promessi sposi e alcuni dialoghi leopardiani.....Nel Pinocchio, più che risultato d‟oreficeria stilistica questo pare un dono di felicità naturale, istinto di non lasciar mai cadere una frase che sia grigia o senza concretezza o senza guizzo”. [Italo Calvino, Saggi 1945-1985, a cura di M. Barenghi, tomo I, pp. 801-7, p.175.] Italo Svevo nel suo saggio Ma Collodi non esiste ci rimanda alla figura di Fernando Tempesti sostenendo che le fonti del dialogo picaresco si trovano nel dialogo popolare toscano Stenterello.
La storia del piccolo burattino di legno ha dato inspirazione non solo a molti registi cinematografici ma anche a scultori, scrittori, musicisti e poeti. Perché? Perche l‟amiamo così tanto? Possiamo condividere il seguente giudizio: ,,... Gli voglio bene, prima di tutto, per la sua onestà casalinga. [...] Pinocchio, fino alla fine, tiene fede alla sua origine. « Un pezzo di legno da caminetto, come tanti altri, e a buttarlo nel fuoco c' è da far bollire una pentola di fagioli.... » [...] Le sue avventure, anche le più straordinarie, hanno un senso domestico e vicino. [...]« La casa di Geppetto era una stanzina terrena, che pigliava luce da un sottoscala. La mobilia non poteva esser più semplice : una seggiola cattiva, un letto poco buono e un tavolino tutto rovinato. Nella parete di fondo si vedeva un caminetto col fuoco acceso; ma il fuoco era dipinto, e accanto al fuoco c'era dipinta una pentola che bolliva allegramente e mandava fuori una nuvola di fumo, che pareva fumo davvero » [...] Maestro Ciliegia, Polendina, lo stesso Lucignolo (che però già somiglia a un signorino....) sono come lui: buona gente e poveri diavoli. E, in fondo, son tutti contenti di essere quel che sono....”. [Pietro Pancrazi, Venti uomini, un satiro e un burattino, Vallecchi Editore, Firenze 1943, pp. 283-284.] Sappiamo che quel piccolo burattino sicuramente ci mostra il processo educativo, il quale ha la sua origine nella profondità delle nostre anime, nel processo psicologico umano, nella educazione. Viene considerato tra i grandi libri della letteratura italiana, ma non solo italiana. Se qualcuno vuole pensare a questo libro come un libro solo per i bambini sbaglierà di sicuro. ,,...Ogni apparizione si presenta in questo libro con una forza visiva da non poter essere più dimenticata: conigli neri che trasportano una bara, assassini imbacuccati in sacchi di carbone che corrono a salti e in punta di piedi...” [Italo Calvino, Saggi, op. cit., p.176.] Tutto ciò deve assolutamente fare impressione a un bambino, ed è impressionante anche per un adulto. Infatti possiamo trovare in questo libro elementi di romanticismo fantastico e << nero>> . Come tutti i personaggi romantici è solo. Da solo deve combattere con un mondo crudele e fantastico. L‟appoggio degli altri che trova qualche volta non gli serve a molto perché in ogni caso il suo destino è affidato ai suoi sacrifici personali.. È solo e c‟è l‟universo che lo circonda. È solo nella ricerca del padre, è solo sotto il portone bussando e pregando aiuto, è solo quando sente la brutta notizia: << Sono tutti morti... Aspetto la bara che venga a portarmi via>>; è solo, nel senso del macrocosmo, sul palcoscenico della vita che lo circonda con tutti i suoi personaggi, positivi e negativi, e, inoltre, è solo nel macrocosmo, nella mente. Come scrivono P. Boero e C. De Luca nel loro libro intitolato La letteratura per l’infanzia: ,,… Il viaggio che Pinocchio affronta è solitario e nessuno degli altri personaggi che incontra è veramente solidale con lui, tutti hanno qualcosa da insegnarli, tutti – magri ineffabile e affettuosa dolcezza pedagogica – gli propongono di crescere, di perdere la sua irresponsabilità, la sua libertà il suo antagonismo, e anche quando << i curiosi e i bighelloni>> si fermano a osservare la <> al padre, il tono è quello d‟ un bla – bla pettegolo e ozioso.” [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, GLF Editori Laterza. Roma – Bari. 2009, p. 55.]
La letteratura infantile è ovviamente una chiave interpretativa decisiva per leggere Pinocchio. Questo ci conferma Giovanni Jervis che trattando di Paul Hazard e della critica collodiana scrive: ,,...In Hazard troviamo però alcuni spunti che permettono di penetrare direttamente negli aspetti che ci interesano per una lettura moderna del libro. I poli della dialettica di Hazard sono chiari: da un lato il mondo dei fanciulli, che chiedono la libertà, ma anche protezione; dall‟altro quello degli adulti, che approfittano del loro potere per piegare le esigenze fantastiche dei piccoli ai dettami di un pedagogismo tanto più perfido in quanto subdolamente fondato proprio sulle richieste di questi ultimi...”. [Giovanni Jervis, Prefazione, in C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p.XXIV.] E poi a proposito della letteratura infantile Gianni Jervis cita dal saggio di Hazard La lettérature enfantine en Italie, pubblicato nella ,, Revue des deux mondes” nel 15 febbraio 1914, il seguente passo:,,...i fanciulli si rivolgono a chi dà loro tutto, casa, vestiti, amore; alle potenze soccorrevoli che li rassicurano contro le ombre, contro la notte, contro i lupi del dramma misterioso rappresentato per loro dall‟ universo...” [Giovanni Jervis, Prefazione, in C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p.XXIV.] Il più grande bisogno di ciascuno di noi è la casa nella quale c‟è la madre e il padre che ci amano, dove c‟è la famiglia che dà appoggio, la famiglia che realizza tutti i bisogni affettivi e materiali. E proprio questo mostra il libro di Boero La letteratura per l’infanzia , parlando della natura <> non solo di Pinocchio ma di tutti i bambini e gli adulti (i quali rimangono in parte bambini per sempre perché ciascuno di noi possiede il padre e la madre e la casa più o meno reale).
Le avventure presentano ,,… un mondo rovesciato, << nel quale l‟imprevedibilità e la novità sono appannaggio del burattino […] là dove, se mai, la ripetizione meccanica di gesti, parole, atteggiamenti è propria degli uomini.” [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit. , p 52.] Come ci ricorda Jervis nel suo articolo i bambini hanno bisogno di belle storie, storie commuoventi ma: ,, ...i fanciulli giudicati incapaci di costruirsi le proprie favole, subito se le trovano già preparate dagli adulti. La loro impotenza è divenuta il punto su cui fa leva una educazione alla socialità che ha assunto il ritmo, sempre più accelerato, di un addestramento tecnologico agli strumenti che mediano, secondo regole nascoste ma ferree, rapporti interumani governati dalla violenza...” [Giovanni Jervis, Prefazione , in C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p.XXIV.]
Nella prima parte di questa tesi affronteremo un periodo molto importante per l‟Italia e Italiani: il Risorgimento. I venti rivoluzionari dalla Spagna e dalla Francia hanno trovato nell‟Ottocento terreno fertile per avviare movimenti volti alla costruzione della nazionale e dello stato italiano, dai primi moti della Carboneria sino al conseguimento dell‟unità. In questo periodo cosi importante nasce un personaggio, destinato a diventare famosissimo in tutto il mondo: Carlo Lorenzetti, chiamato Collodi. Egli aveva avuto la fortuna di essere cresciuto sotto la protezione di una persona ricca e colta come Lorenzo Ginori che veniva dalla alta aristocrazia fiorentina e grazie alla quale poteva permettersi di studiare. La sua anima, all‟ inizio destinata agli studi ecclesiastici, ben presto scoprì un altro orizzonte, quello letterario. La sua nascita si può collegare con gli anni della Giovine Italia e della Bandiera, di d‟Azeglio e di Gioberti, gli anni di Carlo Albero e della speranza in un papa liberale. Sicuramente questi eventi hanno un fortissimo influsso sulla sua educazione. Già nel 1846 la borghesia italiana sentiva un forte bisogno di maggiori libertà politiche. Ciò influenza anche il nostro autore. Frequentando i circoli mazziniani, giornalistici e letterari seguendo lezioni di retorica e di filosofia poi lavorando nella libreria Collodi entrò nel mondo magico delle lettere, portandovi il suo pensiero pedagogico. Finalmente partecipa nel 1859 alla Seconda guerra d'indipendenza dopo la quale ritorna a Firenze, dove passerà tutta la su vita. Le sue recensioni ed i suoi articoli lo porteranno alla carico di segretario ministeriale nel mondo democratico dove potrà scrivere le pagine più alte della storia ed amministratore della libreria Piatti. Gli anni di repressione e del fallimento della ripresa rivoluzionaria, sono gli anni in cui la pratica dello Stato liberale si afferma in Piemonte con il conte Cavour. Collodi è curatore d‟un giornale teatrale su cui si sviluppa il suo talento dello scrittore di commedie. Conosciuto finalmente come l‟autore di ,,Pinocchio” diventa anche censore teatrale, ma non bisogna dimenticare che la sua profonda istruzione gli aveva permesso lo sviluppo nel campo letterario con traduzioni del francese di brani per i bambini. Dopo le favole viene il tempo del famoso Giannetto e di Minuzzolo. Alcune delle sue opere vengono pubblicate postume.
Nella terza parte intitolata: Le Avventure di Pinocchio : approfondimento del romanzo accanto alla analisi del testo possiamo affrontare diversi punti di vista di alcuni famosi ricercatori, studiosi i quali si occupano dello studio di ,, Pinocchio” da diversi punti di vista come i Giovanni Sorge, Pino Boero e Carmine De Luca. Indagheremo le caratteristiche dei protagonisti del libro, così come l‟anali compiuta da Giovanni Jervis che descrive un aspetto particolare di Geppetto, per mostrare la forza di questa figura..
L‟ultimo capitolo si concentra sull‟importanza pedagogica dell‟opera, a partire dalla interpretazione junghiana. Seguiremo il pensiero di Pietro Pancrazi, il quale ricerca i segni di una infanzia lontana, passata e quella di Giovanni Sorge che attraverso quel libro riconosce i tratti salienti del quadro della società italiana sino a quella di Kuisiler che propone una lettura in senso religioso, specificamente cristiano. Interpretazione che torna anche durante il convegno a Pescia grazie a Gian Luca Pierotti che leggere questa storia come una allegoria di Gesù Cristo. Altre voci come quella di Bendetto Croce mostrano la ricerca della umanità in questo pezzo di legno,Luigi Campagnone scrive di un antico dolore che si richiudeva in questo legno, Jervis invece di un senso di prigionia dal quale bisogna liberarsi per poter compiere scelte mature. Accanto alle voci che non trovano niente di cattivo nel comportamento di Pinocchio come quella di Christine Nostinger si troverà anche la voce di un ricercatore lituano Kopsrovicius che ce lo mostra come un burattino sfacciato e sfrenato.
In conclusione utilizzando le parole di P. Boero possiamo dire che: ,, Che la pluralità di significati abbia reso Pinocchio testo capace di esercitare un fascino non solo sui giovani lettori, lo confermano le molteplici letture di cui è stato fatto oggetto da studiosi di diversa matrice culturale e anche se non è questa la sede per offrire una rassegna della critica relativa, basterà prendere i volumi degli atti dei convegni di Pescia per rendersi conto della vivacità di un dibattito che ha toccato punte di sublime artificiosità in più di un‟occasione.” [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, GLF Editori Laterza , Roma - Bari. 2009, p.57.]
2. La vita e le opere di Carlo Collodi sullo sfondo storico dell’Ottocento.
L'Ottocento vede il sorgere del nazionalismo, è ha le sue radici ,,...negli anni dell‟esperienza napoleonica che si collocano alcuni momenti determinanti per il Risorgimento (...) ,la rivoluzione francese creò una vasta base di speranze e aspettative fondate su elementi diversi, a volte contraddittori. Una miscela esplosiva, spiegabile solo in una situazione equivoca, che vedeva Napoleone di volta in volta come liberatore o come oppressore, come portatore di democrazia e indipendenza o come tirano” [Gianluca Formichi, Il Risorgimento, Giunti Editore S.p.A. Firenze – Italia, 2010, pp.6-7.] come scrive Gianluca Formichi nel suo libro intitolato Rinascimento. Ben presto in Spagna si afferma il mito della guerra che sarà diffuso dopo in Italia dove sarà ,,...al centro delle illusioni dei democratici di sollevare il popolo italiano in una guerra per bande‟‟. [Ivi, p.8.]
Al Congresso di Vienna non si trattava solo di definire alcuni questioni territoriali o di fissare i principi dei domini delle dinastie ma si cercava anche di ,,...dare riposo a un‟Europa che ne aveva bisogno per regolare i conti col recente passato (...) Le répos, la calma, la tranquillità: questa è la parola chiave dell‟Europa del 1815, che animò la politica degli anni successivi all‟epoca napoleonica.” [Ivi ,p.14.] La Francia fu ridimensionata nei suoi confini, il Regno di Sardegna si ingrandì col territorio di Genova, l‟Austria dovette rinunciare ai pesi Bassi ma in cambio ottenne il controllo politico e militare dell‟Italia e poi ,,...i territori delle ex Repubbliche di Venezia e Genova furono ceduti all‟Austria e al Regno di Sardegna, senza applicare il puro principio dello status quo. Così fu drasticamente ridotta la frantumazione dei territori tedeschi.”. [Ivi, p.15.] Così ,,al tavolo di Vienna si era data via liberta all‟Austria in Italia, anche per porre un freno alle ambizioni francesi. Venezia e Milano venivano unite all‟Impero attraverso la formazione, il 7 aprile 1815, del Regno Lombardo- Veneto, privo di qualsiasi reale autonomia. I tre ducati centrali erano affidati al controllo diretto di principi imperiali: la Toscana a Ferdinando III d‟Asburgo Lorena, (...) Modena a Francesco IV d‟Austria Este: Parma a Maria Luisa d‟Asburgo, (...) Nei territori pontifici, le tre cittadelle di Ferrara, Comacchio e Piacenza, occupate militarmente, garantivano all‟Austria la possibilità di un rapido intervento oltre il Po (...) Per quelli che tornavano nei loro domini la parola d‟ordine era una sola: ricominciare. Riprendere le fila del processo di lenta emancipazione interrotto dalla rivoluzione: un governo moderato, una buona amministrazione, Una polizia capace di prevenire e all‟occorrenza reprimere, e soprattutto , niente costituzioni. Quei sovrani restaurati non avevano molto di più da offrire che una stanca riedizione del dispotismo illuminato”. [Ivi, pp. 16-17. 17] Fra 1820-1830 il sogno di una restaurazione indolore era già svanito. Le organizzazioni settarie - collegate alla Francia e alla Svizzera- più importanti del periodo furono quelle dei Sublimi Maestri Perfetti e della Carboneria.
In tale atmosfera nacque Carlo Collodi pseudonimo di Carlo Lorenzini. Collodi non è altro che il nome del paese di cui era originaria la madre (all'epoca il paese Collodi era in provincia di Lucca, a partire dal 1927 sarà in provincia di Pistoia). Carlo Lorenzini era nato ,, ...a Firenze 24 novembre 1826, in via Taddea, primo dei dieci figli ( cinque dei quali moriranno bambini)...” [Giovanni Jervis, Prefazione, in Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p. XXXIX .] nel giro di due mesi. Il padre Domenico fu di Cortona, era cuoco presso il marchese Lorenzo Ginori, mentre la madre Angioina Orzali nativa di Collodi in Valdinievole fu domestica. ,,Il marchese Ginori si addossa l‟educazione di due figli del cuoco: Carlo e Paolo, il terzogenito.” [Ibidem] Carlo poté studiare grazie all‟aiuto della famiglia Ginori che era,,... una famiglia dell‟alta aristocrazia fiorentina che produceva porcellane tra le più belle d‟Europa. Una famiglia con una tradizione quasi principesca alle spalle, però aperta anche al futuro: come nell‟uso dei macchinari, era all‟avanguardia. Lo era anche per l‟organizzazione del lavoro: gli operai avevano una scuola, i loro figli frequentavano una scuola elementare e non solo d‟arte. Carlo Ginori aveva addirittura istituito una banda musicale. Questi aspetti filantropici saranno ricordati dal Collodi nel 1863, in un opuscolo che dedicherà proprio alla manifattura Ginori in occasione dell‟ Esposizione internazionale....” [Giovanni Sorge, Rileggere Pinocchio,,, Babele” , Editore Associazione Sammarinese degli Psicologi(RSM), Stampa Arnoldo Mondatori Editore, Pomezia (RM), agosto 2003, p. 14.] Poi, come scrive sempre Giovanni Sorge, il giovane Carlo fu accolto ufficialmente dalla sua madrina, la marchesa Marianna Ginori Garzoni a palazzo e, in questo modo, ,, entra in una società e una dimensione che la povertà della sua famiglia non avrebbe potuto fargli conoscere...” [Ibidem.]
Nel 26 luglio 1830 nel momento in cui Parigi rispondeva con la rivoluzione di fronte alle sospensioni della libertà costituzionali, il Belgio il 25 agosto si staccava dalle Province Unite e la sua indipendenza veniva subito riconosciuta dalla Francia e dall‟ Inghilterra. Il 29 novembre anche Varsavia era in rivolta e ai primi del 1831 la Dieta proclamava il distacco dalla Russia. Lo spirito del luglio francese arrivò anche in Italia ma con poca forza. Sono gli anni della grande incubazione del Risorgimento italiano durante i quali sorge la figura di ,,...Giuseppe Mazzini, con la sua visione nuova di un‟unità nel segno della rifondazione morale della nazione (...) si assiste alla nascita di un‟opinione moderata, antiaustriaca, favorevole a un progetto monarchico, costituzionale, federale, nutrito delle conquiste economiche della borghesia italiana. Sono gli anni della Giovine Italia e della Bandiera, di d‟Azeglio e di Gioberti, gli anni di Carlo Albero e dell‟illusione di un papa liberale (...) Mazzini (...) aveva qualcosa che pochi allora potevano dire di avere: un‟ideologia per cui lottare. [Gianluca Formichi, Il Risorgimento, op. cit., p.38.] Per i programmi da realizzare gli serviva soltanto lo strumento e l‟ambiente adatto per mettere in pratica le sue idee sulla soluzione del problema nazionale che si profilava già come soluzione unitaria, repubblicana e democratica. ,, Il suo primo, clamoroso atto politico fu la stesura di una lettera aperta a Carlo Alberto nella quale lo invitava a mettersi a capo del movimento per l‟indipendenza italiana (...) dopo la lettera a Carlo Alberto, la diffusione in copie litografiche della Istruzione generale per gli affratellati della Giovine Italia annunciava la nascita di una nuova organizzazione. Gli obiettivi della Giovine Italia si riassumevano in tre parole: unità, indipendenza, repubblica. [Ivi, p.p. 40-41.] Lo strumento per la realizzazione di questo progetto risiedeva nella istruzione ed educazione nazionale. Il programma si fece conoscere rapidamente e si diffuse in Piemonte, in Toscana, nei territori pontifici; dalla Svizzera penetrò nel Lombardo- Veneto come sottolinea Formichi. Poi Mazzini nel 1834 fondò a Berna, con degli esuli tedeschi e polacchi, la Giovine Europa, la quale non ebbe un seguito pratico per riaffermare l‟esistenza di un‟Europa dei popoli.
Questi fondamentali eventi precedevano e accompagnavano l‟educazione di giovane Collodi il quale dal 1837 fino al 1842 entrò in seminario a Colle di val d‟Elsa, per diventare prete. Come ricorda Jervis: ,,.. La miseria e le disgrazie costringono la madre Angioina a tornarsene al suo paese natale, con quattro figli ancora piccoli, due dei quali muoiono poco dopo l‟arrivo...”. [Giovanni Jervis, Prefazione a Carlo Collodi Pinocchio, op. cit., p. XXXIX] Ora ,,... Il piccolo Carlo conosce così due mondi distanti, separati da pochi metri...”. [Giovanni Sorge, Rileggere Pinocchio, op. cit., p. 14.] Egli riceve contemporaneamente un'istruzione alla quale poco dopo rinuncia: si può dire che ciò che lo interessava era la politica, molto più che la chiesa e la contemplazione spirituale. Grazie ai risparmi fatti da sua madre lavorando come sarta, la donna ora poteva ritornare da suo marito a Firenze dove partorì il suo decimo e ultimo figlio. Con lei viene anche suo fratello che si chiamava Giuseppe ( Beppe). Sarà lui a convincere il giovane Carlo a non abbandonare gli studi e la vita da seminarista. Egli riesce a convincere il giovane Carlo, il quale vuole interrompere gli studi, a riprenderli e .lo manda dai Padri Scolopi dove frequenta, senza molto profitto, il corso di retorica e filosofia. Finito il corso presso gli Scolpi, rinuncia di nuovo a studiare. Come ha constatato Rosanna Dedola, Carlo aveva un carattere e un temperamento che non erano assolutamente adatti per la vita sacerdotale.
Il pensiero democratico di Mazzini aveva intuito che la questione nazionale chiedeva nuovi metodi di lotta, e ora si allargava sempre di più. ,,Parallelamente alla crescita dell‟iniziativa mazziniana, si assiste infatti in Italia alla formazione di un forte partito moderato, che poneva tra i suoi obiettivi l‟indipendenza dell‟Austria, ampie riforme costituzionali e una maggiore unità, economica se non ancora politica, fra gli Stati italiani” [Gianluca Formichi, Il Risorgimento, op. cit., p.47.] Con la crescita economica che durò almeno fino 1846 la borghesia italiana sentiva bisogno di maggiori libertà politiche dove la nuova classe di proprietari affiancò la vecchia; dove peggiorarono le condizioni dei contadini e la dipendenza economica si sostituì alla dipendenza giuridica del regime feudale. Poi, tra 1843 e il 1846, ebbe vasta eco la pubblicazione del Primato morale e civile degli italiani di Vincenzo Gioberti il quale ,,... rimandava a tempo indeterminato la creazione di una federazione fra gli Stati italiani guidata dal papa...” [Ivi, p. 51.] e sottolineava il fallimento dell‟iniziativa mazziniana. Poi nel 1844 veniva pubblicato Le speranze d’Italia, di Cesare Balbo il quale presentava ,,...una soluzione al problema italiano attraverso un compromesso internazionale, che compensasse l‟Austria delle perdite in Italia con delle acquisizioni territoriali nei Balcani” [Ivi, p.53.]
Preso dalla passione politica, Collodi frequenta i circoli mazziniani e giornalistici e letterari, gli intellettuali che giornalmente si incontrano nella libreria Piatti, gestita dal professore Giuseppe Aiazzi. Sono gli anni fra il 1842 e il 1844, nel quali Carlo seguì le lezioni di retorica e di filosofia. Dopo, sempre studiando trovò il lavoro nella libreria Piatti a Firenze. Entrò così nel mondo dei libri e in seguito decise di svolgere attività giornalistica. Diventò redattore e cominciò a scrivere all‟età di 22 anni. Nel 1845 ottenne una dispensa ecclesiastica che gli permise di leggere l'Indice dei libri proibiti. E proprio in tale anno ci fu un nuovo tentativo di insurrezione che toccò Faenza, Rimini e Bagnacavallo dove si diffuse un “Manifesto” in cui si chiede al papa di accettare una serie di riforme amministrative. Nel 1847 Collodi,, collabora, senza firma alla << Rivista di Firenze>>, che ospita gli scrittori dei democratici.” [Ibidem , p. XXXIX.] Nel 1848 D‟Azeglio scrive un vero e proprio manifesto dal titolo Degli ultimi casi di Romagna. Il libretto fu molto discusso dagli ambienti moderati toscani, piemontesi e dello Stato Pontificio. L‟autore sosteneva la necessità di fare le riforme amministrative attraverso una opinione pubblica capace di ottenerle, che significa contemporaneamente portare avanti in modo diverso dal progetto mazziniano la lotta per l‟indipendenza e una puntare soprattutto a una guerra fra Stati da pari a pari e col favore delle potenze europee. Inoltre l‟elezione di Pio IX suscitò una forte ondata di entusiasmo. Si sperava che il papa prendesse la guida del movimento nazionale, ma lui stesso, un anno dopo, sarebbe rimasto prigioniero della sua popolarità e alla fine ,,...aveva pronunciato un‟allocuzione in cui respingeva chiaramente qualsiasi progetto sulla sua persona, riguardo a una futura federazione italiana.” [Gianluca Formichi, Il Risorgimento, op cit., p.68.]
La vasta ondata rivoluzionaria che dal febbraio 1848 toccò Parigi, Berlino, Vienna e Budapest influenza anche l‟Italia Anche ,,Carlo Collodi partecipò ai moti risorgimentali e svolse attività giornalistica dedicandosi alla cronaca e alla cronaca alla critica teatrale”, [Alberto Asor Rosa (a cura di), La letteratura italiana, Einaudi, dall‟unità d‟ Italia alla grande guerra, gli autori . p.1] e fu incaricato della pubblicazione di un bollettino bibliografico. Nel 1848, allo scoppio della Prima guerra d'indipendenza si arruolò volontario per combattere in Piemonte, come molti altri studenti. Egli.,,... partecipò alle famose battaglie di Curtatone e Montanara, e nella seconda guerra d‟indipendenza a quelle di Solferino e di San Martino. Nella prima è noto il sacrificio eroico dei giovani cosiddetti<>, gli studenti universitari che accorsero da Pisa e che furono massacrati. Un sacrificio non inutile, perché la loro resistenza eroica avrebbe permesso all‟esercito piemontese di guadagnare terreno rispetto al generale Radetzky. Carlo Lorenzini fu partecipe di una grande avventura; come gli altri rischiò la vita [...] Collodi dunque si trovò coinvolto in fatti storicamente importanti. Tornò poi dalla guerra<>...” [Giovanni Sorge, Rileggere Pinocchio,op. cit. , p. 15.]
Tornato a Firenze fondò una rivista satirica, il “Lampione”, che riprese un filo sospeso dieci anni prima, quando si sperimentava con le caricature e le illustrazioni; ,, ...entrando al livello dei grandi illustratori europei come Mazzonti, sul versante Francese Grandville o Daumier, o quello tedesco Töpffer, (...) già all‟età di vent‟anni egli è sulla scia dei grandi fenomeni letterari europei, e quindi leggere la sua vita come grigia e provinciale significa non capire che ci troviamo di fronte a un personaggio che ha una grandezza già allora europea”. [Ibidem, p. 15.] Nel 1847 egli iniziò a scrivere recensioni ed articoli per la “Rivista di Firenze”. Nel 1849 diventò segretario ministeriale. Questo anno era anche molto importante per il ,,... mondo democratico italiano che scrisse una delle pagine più alte della storia. Sotto la guida politica di Mazzini e quella militare di Garibaldi (...) con (...) l‟odissea di Garibaldi fra Toscana e Romagna nel disperato tentativo di raggiungere Venezia.” [Gianluca Formichi, Il Risorgimento, op. cit., pp. 74-75.] Successivamente la mano del gioco passò allora ai moderati e in particolare al primo ministro del Regno di Sardegna: il conte di Cavour.
Nel 1850 quando Collodi diventò amministratore della libreria Piatti ( che, come spesso accadeva all'epoca, svolgeva anche attività di editoria) essa si trasformo in luogo in cui far circolare le idee legate a una federazione tra Stati come quella di Ferrari che cercò di costruire un partito alternativo a quello repubblicano fallito nel dicembre 1851 con il colpo di stato di Napoleone III, e quelle di Cattaneo, che fu tutt‟altro che convinto delle reale possibilità di dare unità all‟ antico patrimonio degli Stati regionali, considerando più funzionale una federazione con ,,cantoni” sul modello svizzero, dotati di larghe autonomie. ,,...Gli anni tra 1849 e il 1853, segnati dalla repressione e del fallimento della ripresa rivoluzionaria, sono gli anni in cui la pratica dello Stato liberale si afferma in Piemonte.” [Ivi, p.85.] Questi sono gli anni dell‟arrivo al governo di Camillo Benso conte di Cavour il politico molto brillante che ebbe molti successi nella politica intera.
Nel 1853 Collodi fondò un nuovo periodico, “Scaramuccia”, un giornale teatrale su cui scrisse piccole commedie fino al 1860. In quest‟anno Collodi rinnova l‟edizione del “Lampione”. Lo pseudonimo dell‟autore-Collodi- venne dal nome natale di una frazione di Pescia di cui era originaria la madre, che era nata proprio lì, dove il piccolo Carlo giocava insieme con i suoi amici visitando la famiglia di lei. Nello stesso anno si svolge anche la critica sugli errori di Mazzini, che fu abbastanza diffusa non soltanto in Italia ma anche fuor,i dai salotti parigini come quello di Gerges Sand, sino alle posizioni di Marx ed Engels che rimproveravano a Mazzini la sordità ai motivi sociali. Nel 1856 l’autore scrisse un articolo utilizzando per la prima volta lo pseudonimo di Collodi. Dello stesso anno sono le sue prime opere importanti: ,,Gli amici di casa” e ,,Un romanzo in vapore”,, Da Firenze a Livorno”,, Guida storico-umoristica”. Nel 1858 si recò a Roma per fare il prete ma venne dimesso.
Questo anno fu importante dal punto di vista storico perché ,,...la sera del 14 gennaio 1858 tre bombe scoppiavano all‟ uscita dell‟Opera di Parigi: l‟obiettivo era Napoleone III [...] l‟ideatore dell‟attentato era un italiano, Felice Orsini...” [Ivi, p.96.] Nel 1859 Collodi partecipò alla Seconda guerra d'indipendenza e infine ritornò a Firenze. ,,... Se l‟idea di una guerra per bande condotta da un esercito di irregolari, è una caratteristica di tutto il Rinascimento, Garibaldi fu l‟unica personalità capace di ricondurre con successo quest‟idea sul piano pratico[...] i democratici e i mazziniani avevano svolto una costante funzione di stimolo, prima con la Giovine Italia, poi durante la rivoluzione del 1848-1849, infine con la spedizione in Sicilia, ma la loro azione aveva dimostrato che una rivoluzione in Italia non poteva esserci senza una guerra.” [Ivi, p.p. 109-121.]
Nel 1860 l‟autore delle celebre avventure di Pinocchio diventò censore teatrale e invitò alla costruzione di un nuovo Stato Italiano, ma questo ,,...Stato nasceva senza una costituzione. Quel patto di popolo, additato dai democratici come la forma necessaria di un rinnovamento della nazione, era rimasto un‟utopia.” [Gianluca Formichi, Il Risorgimento, op. cit., p.121.] Quando nel 1861, a seguito della Seconda Guerra di Indipendenza, dell‟opera di Cavour e Garibaldi in particolare, l‟Italia divenne un regno unitario, assumendo la forma di una monarchia costituzionale. Collodi rinunciò a fare il giornalista anche se, come scrive Sorge, ,,..Gli articoli di Collodi erano attesi con la stessa attenzione con cui oggi è attesa l‟uscita dei libri di Sciascia. Ogni volta c‟era un punto di vista inaspettato che suscitava l‟interesse e la curiosità dei lettori [...] Molti si sono chiesti il perché di questa scelta. La risposta, banale, venuta dal fratello era che aveva dei debiti e il mondo più facile per guadagnare era quello di scrivere manuali scolastici...” [Giovanni Sorge, Rileggere Pinocchio, op. cit., , p.16.] Nel 1868, su invito dal Ministero della Pubblica Istruzione, Collodi entrò a far parte della redazione di un dizionario di lingua parlata, il Novo vocabolario della lingua italiana secondo l'uso di Firenze. Dopo il 1870 si trasferì per sempre a Firenze dove lavorò come recensore teatrale ed editore.
Una attività strettamente letteraria cominciò dalla traduzione dalla lingua francese di brani predestinati ai bambini. Nel 1875 ricevette dall'editore Felice Paggi l'incarico di tradurre le fiabe francesi più famose della corte del re Sole. Collodi tradusse Charles Perrault -,, Capucetto Rosso”, e ,, La bella Addormentata” poi Marie- Catherine d'Aulnoy, Jeanne-Marie Leprince de Beaumont. Le grandissime fiabe della tradizione francese. ,,...Il Gatto con gli stivali, Cenerentola, La bella addormentata, Babrbablù (...) invece di Barba, come Cesare Donati aveva tradotto in precedenza. E Berrettina rossa diventa Cappucetto Rosso (...) questi nomi li dobbiamo a Collodi. Come anche per altre favole francesi, come “La bella e Bestia”, “La Gatta bianca”, fiabe straordinarie, come ha sottolineato anche Cristina Campo...”. [Ivi, p. 13.] In breve tempo cominciò a scrivere testi propri, testi per i bambini sull‟educazione e libri sulla istruzione dei piccoli, trovando così la sua vera strada quando, già avanti con l'età, si dedica finalmente alla letteratura per l'infanzia. Come funzionario al servizio dello stato unitario appena formato, inizia con la traduzione dei racconti delle fate di Perrault, per poi lavorare a vari libri pedagogici per la scuola. Scrive tra gli anni 1876-1881 il ciclo dei racconti sulle avventure di piccolo ragazzino Giannettino (1875). Effettuò anche l'adattamento dei testi integrandovi una morale; il tutto uscì l'anno successivo sotto il titolo de I racconti delle fate. Nel 1877 apparve Giannettino, e nel 1878 fu la volta di Minuzzolo. Come sostiene Rossana Dedola: ,,...Essendo stato testimone diretto degli eventi risorgimentali, si ritrova a parlare in Giannettino e Minuzzolo, manuali scolastici che dedicavano anche molto spazio alle guerre, alla storia, quindi anche recentissima. È interessante il fatto che lui non facesse mai menzione della propria partecipazione a queste guerre...” [Ivi, p.16.] Anche se Giannettino fu scritto come un catechismo che doveva rispettare una gerarchia sociale che si basa sull‟ubbidienza e il bambino doveva solo recitare le regole degli adulti, il testo era comico per gli errori che il bambino poteva imparare, e per questo il testo non fu adottato perché era ritenuto diseducativo. Certamente questo non li impedì al libro di avere molto successo di pubblico. Il 7 luglio 1881, sul primo numero del periodico per l'infanzia Giornale per i bambini (pioniere dei periodici italiani per ragazzi diretto da Fernandino Martini), uscì la prima puntata de Le avventure di Pinocchio, con il titolo Storia di un burattino. Collodi face inizialmente terminare la storia con il quindicesimo capitolo. Ma dopo pochi mesi riprese la narrazione, con il nuovo titolo di Le avventure di Pinocchio, portando la storia a termine nel 1883 con originali illustrazioni di Eugenio Mazzanti. Sulla stessa rivista pubblicò successivamente altri racconti, raccolti in Storie allegre, 1887.
Altre opere di Col1odi scritte tra 1884 e 1890 sono : Il regalo del Capo d'Anno (Torino, Paravia); 1884 L'abbaco di Giannettino per le scuole elementari (Firenze, Paggi); 1885 Libro di lezioni per la seconda classe elementare (Firenze, Paggi); 1885 Un'antipatia (Roma, Perino); 1886 La geografia di Giannettino (Firenze, Paggi);1886 Il viaggio per l'Italia di Giannettino. Parte terza (l'Italia meridionale) (Firenze, Paggi); 1887 Storie allegre (Firenze, Paggi); 1889 Libro di lezioni per la terza classe elementare (Firenze, Paggi); 1890 La lanterna magica di Giannettino (Firenze, Bemporad). Postume sono stae invecde pubblicate Divagazioni critico-umoristiche, raccolte e ordinate da Giuseppe Rigutini (postumo, Firenze, Bemporad); 1892 Note gaie, raccolte e ordinate da Giuseppe Rigutini (postumo, Firenze, Bemporad); 1941 Bettino Ricasoli, Camillo Cavour, Luigi Carlo Farini, Daniele Manin. Biografie del Risorgimento (postumo, Firenze, Marzocco); 1989 I ragazzi grandi. Bozzetti e studi dal vero, a cura di Daniela Marcheschi; con una nota di Carlo Alberto Madrignani (Palermo, Sellerio). Sono inoltre state stampate le Cronache dall'Ottocento e Raccolta di articoli giornalistici, che raccoglie in un unico volume gli articoli pubblicati da Carlo Collodi (sotto vari pseudonimi) nei giornali umoristici del tempo. Come ha scritto Rossana Deola,,... Tradizionalmente la ricerca biografica ha diffuso un‟immagine di Collodi piuttosto scialba e con una vita priva di avvenimenti- come aveva detto [...] Qualcuno ha definito la sua vita <>. Ma se pensiamo agli eventi [...] –l‟aver partecipato a due guerre di indipendenza, l‟aver fondato giornalibisogna ammettere che è stata tutt‟altro che una vita squallida e grigia. Lo sforzo di palazzo Ginori e la modernità della gestione della manifattura, cui assistette fin da bambino, sollecitarono, il suo interesse per le condizioni di vita dei lavoratori, lo resero a una condizione di sudditanza e quasi di schiavitù...” [Ivi, p.15.]
Prima di aver goduto del meritato successo, Carlo Collodi - muore suicida nella sua città natale Firenze, oberato da un debito di gioco che non riuscì a saldare nelle canoniche 24 ore, il 26 ottobre 1890 a Firenze. Le sue carte, donate dalla famiglia, sono conservate nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Collodi è sepolto nella Cappella Lorenzini al cimitero delle Porte Sante a Firenze.
,,Pinocchio” è il libro su cui ovviamente si concentra il suo successo mondiale. Il libro all‟inizio fu tradotto da M.A. Murray in lingua inglese nel 1892. Quella traduzione ha dato il via a un ciclo di traduzioni libere. La migliore probabilmente è quella fatta da M. M. Sweet nel 1927. Negli anni successivi il libro è stato tradotto in molte altre lingue, conquistandole con la ricchezza e la freschezza della lingua di Collodi. Sono state fatti anche tantissimi adattamenti per la musica, per il cinema e il fumetto. Sul motivo del libro di Collodi ha scritto la sua fiaba per i bambini A.N. Tolstoi intitolata: ,,La chiavetta d‟oro ossia le avventure di un Burratino”. Grazie alla traduzione dall‟ italiano in polacco di Pinocchio anche il lettore polacco, alla fine del XIX secolo, ha conosciuto questa storia. Le traduzioni contribuiscono a importanti cambiamenti nell‟ambiente della letteratura per l‟infanzia in Polonia, dando l‟occasione per le nuove immagini e proposizioni ideologico- artistiche nel campo della prosa.
Sul paradigma di Pinocchio Janina Porazińska ha scritto „Kichusia majstra Lepiglincy” (nel 1924). La poetessa ha profilato, nei tempi della vecchia Cracovia, la storia di un ragazzino di argilla caratterizzato da un cuore tenero e pietoso. Negli anni ‟30 del XX secolo si diffonde molto velocemente la moda sui ragazzini di legna, argilla, plastilina, stoffa, ecc. Basterebbe nominare: ,,Plastusiowy pamiętnik” di M. Kownacka (1936), „Pamiętniku Czarnego Noska” J. Porazińska, stampato sul „Słonka” nel „36/37, „Przygody Gałgankowej Balbisi” J. Broniewska del ‟36 e del ‟37 „Historia toczonego dziadka i malowanej babki”.
Nel processo che vede la diffusione nella letteratura dei bambini e giovani degli elementi di formazione morale e psicologica una grande autorità la avevano i capolavori con elementi di fantasia, fiabeschi, proprio come ,,Pinocchio” di C. Collodi o di M. Konopnicka ,, O krasnoludkach i sierotce Marysi”. Il teatro ,, Jaskółka” di Varsavia, attivo tra 1923 e 1933, ha presentato tra gli eventi culturali rappresentazioni come: „Za siedmioma rzekami” di J. Porazińska o „Słowika” Andersen, e spesso „Pinocchio” di C. Collodi – per la regia di A. Maliszewski.
Anche il nipote di Collodi, Paolo Lorenzini, figlio di suo fratello Ippolito, intraprese più tardi il mestiere di scrittore per ragazzi usando lo pseudonimo di Collodi Nipote. Scrisse, tra gli altri, anche Sussi e Biribissi. Per concludere questo capitolo possiamo fare riferimento alle parole di Rossana Dedola la quale dice che :,,...L‟immagine di Collodi grigia e indefinita è stata valida fino agli anni Ottanta del secolo scorso. Ma da allora molti studi hanno dato nuove notizie su Collodi” [Giovanni Sorge, Rileggere Pinocchio, op. cit., , pp. 16-17.]
3. Le Avventure di Pinocchio : approfondimento del romanzo.
Il libro è strutturato in 36 capitoli. Comincia nella bottega di un falegname, maestro Antonio ( i primi due capitoli), dove si narra come a Maestro Ciliegia (per via del colore del suo naso sempre rosso) anche egli falegname, capiti un pezzo di legno che rideva e piangeva come un bambino. Lui voleva ricavarne la gamba di un tavolino. Mentre voleva dare un colpo d‟ascia ha sentito una vocina sottile, che si raccomandava di non picchiarla forte . Avendo ricevuto un colpo da quel pezzo di legno parlante nel naso pensava, anzi era convinto di esserselo solo immaginato, però, colpito dalla paura, decide di regalarlo all‟amico Geppetto. Il falegname Geppetto decide di usarlo per farsene un burattino meraviglioso, in grado ballare tirare di scherma e fare i salti acrobatici per una compagnia con il quale potrebbe girare tutto il mondo per guadagnarsi da vivere un pezzo di pane e un bicchierino di vino. Geppetto inizia subito a lavorare al burattino che battezza con il nome Pinocchio perché aveva conosciuto un‟intera famiglia di Pinocchi e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l‟elemosina però sapeva cavarsene in questa vita crudele. Ma il povero Geppetto che viveva in una stanzina male illuminata e arredata con pochi mobili sgangherati non aveva ancora finito di fargli gli occhi e la bocca, che già questi cominciavano a fare versacci, lo guardavano con un‟espressione cattiva. Il pezzo di legno si anima, ride e inizia a deriderlo ancora prima di essere terminato. Lavorando sul Pinocchio Geppetto aveva solo il problema col naso che si allungava e non si poteva accorciare con la lima, ma era, come scrive Collodi, impertinente. Molto importante è la descrizione della casa perché come scrive Pino Boero e Carmine De Luca nel loro libro ,,La letteratura per l‟infanzia”: la casa come nido è uno dei << più costanti temi della letteratura ottocentesca, dal Manzoni al Pascoli>> e per quest‟ultimo rappresenta << la salvezza dell‟inquietudine, del mistero, dell‟inconoscibilità della natura, dall‟ ombra della morte che tutto avvolge>>. [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit. , p.50.]
Una volta finito il burattino, Geppetto, che già si considera suo padre gli insegna a camminare, Pinocchio impara tutto alla svelta e comincia subito a mostrare il suo carattere birichino strappando la parrucca a Geppetto, poi scappando in strada. Geppetto tenta di seguirlo. Alla cattura del burattino maleducato il padre esprime la suo lamentela dicendo che, non ancora tutto fatto per intero, già mancava di rispetto a lui, che ora è suo padre. Geppetto, il padre più conosciuto al mondo ,,...a sua volta, è un pover‟uomo, debole e murato nella propria miseria, un <> che si rivela tutt‟altro che forte come figura paterna, anzi balbettante e incapace di difendersi di fronte all‟ingiusto arresto da parte dei carabinieri...”. [Giovanni Jervis, Prefazione, in Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p. XXIX.] Un carabiniere, invece di punire il monello, conduce in prigione il povero Geppetto perché il ragazzino insubordinato aveva gridato di venir maltrattato da suo padre, annaffiando la sua accusa con delle lacrime che provocano la reazione della guardia e la ingiusta punizione di Geppetto.
Tornato a casa, Pinocchio trova il Grillo parlante, che lo ammonisce e lo esorta a cambiar condotta. ,,...Il Grillo è quasi del tutto privo di caratteristiche, poco più di un suono di voce di cui peraltro Collodi ci dice pochissimo, se non per insistere sul fatto che il suo parlare è monotono e tale evidentemente da irritare al sommo grado il burattino...”. [Ibidem, p. XXIX] Il grillo vuole ricondurre Pinocchio sulla retta via, dicendoli che tutti ragazzini disubbidienti, che si ribellano ai loro genitori e abbandonano la casa paterna, prima o poi se ne pentono e vanno incontro a terribili esperienze. Indispettito dai consigli di un Grillo parlante che lo rimproverava per la sua cattiva condotta urla che vuole andarsene da questa casa perché ha paura di essere mandato a scuola dove dovrebbe studiare. Il grillo invece gli risponde che tutti <>di lui perché diventerà somaro; gli dice che se non vuole andare a scuola potrebbe almeno imparare un mestiere per poter trovare un lavoro buono. Pinocchio ridendo gli risponde che a lui piace solo<< mangiare, bere, dormire e girovagare come un vagabondo!>>. Il motivo del lavoro è molto importante come leggiamo in Pino Boero e Carmine De Luca, i quali sottolineano il suo legame con ,,… l‟idea mazziniana del dovere[…] riconosciuta al popolo la priorità nel sacrificio del lavoro.” [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit., p.p. 50-51.] Talvolta le parole del Grillo- parlante erano:<< povero Pinocchio! I bischieri al par tuo finiscono sempre in prigione o all‟ospedale... ma che si può pretendere da uno che ha la testa di legno?>> Pinocchio reagisce molto male e schiaccia il povero Grillo contro il muro con una martello. Come scrivono ancora Boeri e De Luca: ,,… Si consideri anche l‟uccisione del Grillo come un atto estremo di ribellione alla petulanza pedagogica di tutta la letteratura educativa del secondo Ottocento: col Grillo muoiono le innumerevoli Contesse della Rocca di Castigliane, i pedantissimi Biagi, Lioy, Jack la Bolina. L‟ombra del Grillo altro non rappresenta, riprendendo l,osservazione di Bachtin, che la consapevolezza di Collodi che la vita di cui egli sospende la << normalità>> resta, al di fuori del testo, << normale>> e la petulanza pedagogica resta in definitiva ben presente in ogni atto educativo nonostante la dissacrazione letteraria.” [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit., p 53.]
Dopo aver ucciso il grillo, Pinocchio sentendosi affamato cerca in tutta la casa qualcosa da mangiare: trova un uovo, ma quando lo rompe ne esce un pulcino. Così essendo da solo e non potendo procurasi qualcosa da mangiare esce in strada nella notte buia mentre tuonava e pioveva a dirotto, per chiedere l‟elemosina, ma invece riceve sulla sua testa <>, perché un uomo aveva pensato che il ragazzo – come fanno tanti ragazzini maleducati- suonò il campanello per fare un gioco, uno scherzo. Pinocchio torna a casa bagnato fradicio e digiuno da far pietà. Stanco, affamato e infreddolito accende il focolare e si mette a dormire presso un braciere con le gambe allungate verso il fuco per riscaldarle: dimenticando di essere fatto di legno si brucia i piedi. All‟alba quando Geppetto torna a casa si deve entrare dalla finestra perché il burattino non poteva muoversi per aprigli la porta. Geppetto lo vede, si commuove, e gli dà la sua colazione: tre pere che piccolo Pinocchio divora fino nei torsoli, senza pensare al suo papà. All‟inizio non vuole mangiale con la buccia e chiede a Geppetto di sbucciarle. Geppetto sorpreso dalla sua richiesta e dice:,,...Non avrei mai creduto, ragazzo, mio che tu fossi così boccuccia e così schizzinoso di palato. Male! In questo mondo, fin da bambini, bisogna avvezzarsi abboccati e a saper mangiare di tutto, perché non si sa mai quel che ci può capitare. I casi son tanti!...”. [Carllo Collodi, Le avventure di Pinocchio, a cura di Daniela Capobianco, MONDESE EDITORE s.r.l.-Taranto, Fotocomposizione e stampa: TIEMME s.r.l.-Manduria (Ta), 2004. p.46] Dopo aver strappato a Pinocchio la promessa che cambierà vita e andrà a scuola Geppettò gli rifà i piedi di nuovo, lo sfama e lo riveste con un vestitino di carta a fiori, un paio di scarpe di scorza d‟albero e un berrettino di mollica di pane. Poi esce e andrà a vendere la sua vecchia giacca e tenterà di dargli un'educazione. Per mandarlo a scuola e compragli l‟abbecedario vende la sua casacca nonostante faceva molto freddo.
Pinocchio si avvia a scuola con buoni propositi ma durante il tragitto viene distratto da una musica proveniente dal "Gran Teatro dei Burattini". Pinocchio appena vede il teatro dei burattini, vende l'abbecedario acquistato da Geppetto per mettere insieme i quattro soldi del biglietto d‟entrata, e vedere uno spettacolo di burattini, dando l‟ennesima delusione al povero falegname. Prima aveva chiesto a un ragazzo quattro soldi per il suo vestito, ma quando quello non ha mostrato interesse per acquisto di un vestito che gli si potrebbe appiccicare alla pelle al primo acquazzone. Pinocchio entra nel teatro e prende posto in platea. Qui viene notato dai compagni burattini che interrompono la recita per festeggiarlo. Arlecchino, Pulcinella e le altre marionette riconoscono il loro fratello. I burattini l‟avevano chiamato sul palcoscenico durante la rappresentazione, fra le proteste del pubblico. A ristabilire l'ordine interviene un omone terribile chiamato Mangiafuoco. Si tratta di: ,,...un omone così brutto, che metteva paura soltanto a guardarlo. Aveva una barbaccia nera come uno scarabocchio d‟inchiostro, e tanto lunga che gli scendeva dal mento fino a terra: basta dire che, quando camminava, se la pestava coi piedi. La sua bocca era larga come un forno, i suoi occhi parevano due lanterne di vetro rosso, col lume acceso di dietro,[...] pareva un uomo spaventoso, non dico di no, specie con quella sua barbaccia nera che, a uso grembiale, gli copriva tutto il petto e tutte le gambe...”. [Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, p. . 67-71.] Egli raggiunge rapidamente il palcoscenico schioccando una grossa frusta fatta di serpenti e di code di volpi attorcigliate assieme. I burattini ammutoliscono immediatamente. Il burattinaio Mangiafuoco, però, irato per lo scompiglio, dopo la recita ordina ai suoi burattini di gettare Pinocchio nel fuoco per poter cuocere un montone. Pinocchio impietosisce Mangiafuoco che si commuove per le invocazioni di pietà del burattino che chiama il suo babbo a salvarlo:,,...Pietà, signor Mangiafuoco![...],signor Cavaliere![...], signor Commendatore [...] Eccellenza!...”. [Ivi, p. 73. ] Pinocchio pregando non solo per se stesso ma anche per l‟Arlecchino viene liberato da Mangiafuoco commosso dai suoi pianti. Mangiafuoco ha un aspetto spaventoso, però in fondo non è cattivo, e gli regala persino cinque zecchini d'oro per il povero Geppetto. Secondo Boero ,,…mentre tutti gli uomini, quando si sentono impietositi per qualcuno, o piangono o per lo meno fanno finta di rasciugarsi gli occhi, Mangiafuoco, invece, ogni volta che s‟inteneriva davvero aveva il vizio di starnutire. Era un modo come un altro, per dare a conoscere la sensibilità del suo cuore.”; [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit., p 53.] questo mostra: ,,… Un bel capovolgimento […] di quella retorica << cogli occhi rossi>> serpeggiante sulle pagine della rivista.” [Ivi, p 50.]
Seguendo le sue avventure ritroviamo Pinocchio sulla strada del ritorno a casa. Nuovamente si imbatte in incontri che cambiano il suo cammino; ora si fa abbindolare da due imbroglioni, dalla Volpe zoppa ad un piede e dal Gatto cieco da entrambi gli occhi ,,...La volpe e il gatto sono pezzenti patetici, truffatori da quattro soldi, pessimi assassini...” [Giovanni Jervis, Prefazione, in Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p. XXIX.] Quando incautamente racconta loro delle monete d'oro viene convinto a portarla in un vicino campo miracoloso (nel Campo dei Miracoli) nel paese di Barbagianni, dove secondo loro, seminando monete sarebbero cresciuti alberi colmi di zecchini d'oro. I tre si incamminano e giungono verso sera all'osteria del Gambero Rosso, dove il Gatto e la Volpe mangiano a crepapelle a spese di Pinocchio. Durante la notte i due imbroglioni si allontanano dall'osteria accordandosi con l'oste. Quando Pinocchio si avvia di notte nel bosco per raggiungere il "Campo dei miracoli", sente una vocina che già conosceva. A parlare era stata l‟ombra del Grillo che gli consigliò di tornare a casa dal suo babbo e non dare retta alla Volpe e al Gatto che sono individui pericolosi. Due figuracce nere il Gatto e la Volpe, travestiti da assassini e nascosti in sacchi di carbone, perciò non riconosciuti dal burattino, cercano di sottrargli le monete d'oro e lo inseguono a lungo gridando di dargli la borsa. Pinocchio le monete d‟oro le aveva nascosto in bocca, dopo una fuga precipitosa. I banditi riescono ad afferrarlo e lo impiccano ad una grande quercia. Poi si mettono seduti ad aspettare che il burattino emetta l‟ultimo fiato. Ne seguito Pinocchio, cercando riparo dagli assassini, giunge nei pressi di una casa bianca e bussa alla porta. Povero burattino invano cerca rifugio in una casa da cui affacciava una bella Bambina, con i capelli turchini e il viso bianco come un‟immagine di cera, le mani incrociate sul petto e gli occhi chiusi che gli dice tristemente che in quella casa sono tutti morti compresa lei, che sta aspettando la bara. Seguendo il pensiero di Boero leggiamo: ,,… si consideri infine l‟ambigua figura della bambina dei capelli turchini […] Siamo dunque davanti ad un altro luogo comune della retorica<< cogli occhi rossi>> già estratto dalla rivista del Martini: quello della morte intesa soprattutto come morte di bambini poveri, di vecchi indigenti, di << diversi>> .” [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit., p 54.] Qui, al capitolo XV, finiva in origine l'opera di Collodi. ,,...Non sappiamo per quale motivo Collodi riprese la narrazione ma c‟è da sospettare che lo facesse per le insistenze di Biagi, l‟editore, interessato a sfruttare fino in fondo la buona accoglienza ricevuta delle prime puntate” [Alberto Asor Rosa, Storia europea della letteratura italiana, III. La letteratura della Nazione, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino 2009, p.p.60-61.] come scrive Alberto Asor Rosa nella sua Storia europea della letteratura italiana.
Fortunatamente però arriva a salvarlo la Fata Turchina che lo cura. Insieme al Corvo, la Civetta, il Grillo- parlante e il Falco che la Fata manda avanti per sapere se il burattino fosse vivo o morto. Pinocchio viene liberato e lo si depone ai piedi dell‟albero, poi con aiuto del cane barbone Medoro, la fata lo raccoglie e porta a casa e convoca i migliori medici. Ognuno dà il suo parere sulle condizioni del burattino chi si risveglia e piangendo racconta alla fata tutta la storia dicendo però di aver perso le monete da Mangiafuoco. La Fata, accorgendosi che Pinocchio ha febbre alta, cerca di fargli bere una medicina. Pinocchio fa di tutto per evitare di prendere la medicina prescritta perché la ritiene amara e la beve d‟un fiato solo quando vede arrivare i quattro conigli neri che trasportano la bara per prelevare il malato. Una volta guarito racconta le sue vicende alla Fata ma poiché racconta delle bugie il suo naso si allunga a dismisura e solo l‟intervento dei picchi lo riporta alle sue giuste proporzioni. La Fata, dopo avergli spiegato che esistono due tipi di bugie, quelle con le gambe corte e quelle (come nel suo caso) con il naso lungo, lascia per un po‟ di tempo che il piccolo si disperi e pianga, come se volesse dargli una lezione e poi riporta il naso di Pinocchio alla lunghezza originale con l'aiuto di un migliaio di picchi, dicendogli che il suo babbo è stato già avvertito. Ma Pinocchio vuole andargli incontro.
Mentre cerca Geppetto incontra di nuovo il Gatto e la Volpe che prima di persuaderlo nuovamente a seminare le monete nel Campo dei Miracoli gli dicono come il Gatto aveva perso lo zampetto dicendo:,,...Sappi dunque che un‟ora fa abbiamo incontrato sulla strada un vecchio lupo, quasi svenuto dalla fame, che ci ha chiesto un po‟ d‟elemosina. Non avendo noi da dargli nemmeno una liscia di pesce, che cosa ha fatto l‟amico mio, che ha davvero un cuore di Cesare?... Si è staccato coi denti uno zampetto delle sue gambe davanti e l‟ha gettato a quella povera bestia, perché potesse sdigiunarsi...”. [Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio,op. cit., p. 121.] Seguendo la strada il piccolo burattino arriva in una città che si chiama ,,Acchiappa- citrulli”e lì ,,...vide tutte le strade popolate di cani spelacchiati, che sbadigliavano dalla fame, di pecore tosate che tremavano dal freddo, di galline rimaste senza cresta e senza bargigli, che chiedevano l‟elemosina d‟un chicco di granturco, di grosse farfalle, che non potevano più volare, perché avevano venduto le loro bellissime ali colorite, di pavoni tutti scodati, che si vergognavano a farsi vedere, e di fagiani che zampettavano...”. [Ivi, p. 122.] Una volta sotterrate e annaffiate le monete d'oro, dopo aver aspettato venti minuti nella città vicina come suggerito dal Gatto e la Volpe, dopo aver ringraziato mille volte e aver promesso un bellissimo regalo ai due imbroglioni, Pinocchio ritorna al Campo dei miracoli, ma non vede alcun albero colmo di monete. Un vecchio pappagallo ridendo di lui per avere creduto a tutte le sciocchezze che gli avevano raccontato i due più furbi di lui, gli racconta che durante la sua assenza il Gatto e la Volpe erano tornati e avevano rubato le monete sotterrate. Pinocchio, disperato prima scavava con le mani e con le unghie una buca profonda poi si rivolge ad un giudice, un vecchio gorilla, ,,...uno scimmione della razza dei Gorilla: un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente per i suoi occhiali d‟oro, senza vetri, che era costretto a portare continuamente, a motivo di una flussione d‟occhi, che lo tormentava da parecchi anni...” [Ivi, p. 128] per denunciare il furto e per avere la giustizia. Il gorilla lo fa portare davanti al giudice, che lo condanna paradossalmente alla prigione dove resta quattro mesi. In questo momento come dice Giovanni Jervis << il pedagogismo non viene abbandonato>>. [Giovanni Jervis, Prefazione,in Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p. XXVII] Quattro mesi dopo, l'Imperatore del paese, dopo una grande vittoria militare contro i suoi nemici, ordina grandi feste pubbliche e concede un'amnistia per tutti i condannati. Pinocchio, essendo innocente, rischia di rimanere in galera, ma riesce ad uscire dichiarandosi un malandrino. Come notano a tale proposito Boeri e De Luca ,,… Certamente il mondo che circonda il nostro eroe non è invitante perché è un mondo incapace di risposte soddisfacenti, inidoneo a ogni vera proposta formativa, un universo capovolto in cui un giudice scimmione esercita la giustizia”. [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, GLF Editori Laterza. Roma – Bari. 2009, p 55.]
Subito dopo Pinocchio corre verso la casa della Fata, che considera ormai come una sorellina. Secondo Giovanni Jervis la Fata è ,,...personaggio multiforme mutato in parte dalle fiabe transalpine, in parte della immagine di una madre casalinga. Si può aggiungere che questa figura, a proposito della quale è stato varato tanto inchiostro, da un lato è come Fata, evanescente, fino a scoprire come pura e semplice immagine di sogno nell‟ultimo capitolo del libro, mentre per un altro verso, come figura materna, acquista dignità di persona solo piegandosi al bozzettismo di un dialogo <>molto sapido ma largamente convenzionale e ironico...” [Giovanni Jervis, Prefazione, in Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p. XXIX]
Poi proseguendo viene ostacolato dapprima da un grosso serpente dalla coda fumante che gli sbarra la strada. Prima si allontana più di mezzo chilometro, aspetta un‟ora - nel tentativo di scavalcarlo finisce a gambe all'aria dentro il fango facendo morire letteralmente dalle risate il mostro. Poi correndo sempre verso la casa della Fata viene preso da due ferri taglienti mentre, affamato, sta rubando dell'uva in un campo. In quel campo trova la Lucciola, la quale si ferma impietosita per chiedergli come mai si è messo in queste condizioni. La conversazione tra la Lucciola e Pinocchio presenta un grande aspetto istruttivo e alla risposta ricevuta da Pinocchio che voleva raccogliere due grappoli di uva, la lucciola risponde: ,,... La fame, ragazzo mio, non è una buona ragione per potere appropriarsi la roba che non è nostra...”. [Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, p. 140.] Il padrone del campo lo costringe per punizione a fargli da cane da guardia, con collare e catena al collo, sostituendo il suo cane Melampo morto quella mattina. Restando da solo durante la notte sulla paglia, Pinocchio riflette sulla sua vita, sui suoi errori e commenta:,,...Mi sta bene!...Pur troppo mi sta bene! Ho voluto fare lo svogliato il vagabondo...ho voluto dar retta ai cattivi compagni, e per questo la sfortuna mi perseguita sempre. Se fossi stato un ragazzino per bene, come ce n‟è tanti, se avessi avuto voglia di studiare e di lavorare, se fossi rimasto in casa col mio povero babbo, a quest‟ ora non mi troverei qui, in mezzo ai campi, a fare il cane di guardia alla casa d‟un contadino. Oh se potessi rinascere un‟altra volta!...”. [Ivi, p. 142.] Durante la notte viene svegliato da quattro faine, che ogni notte rubavano alcune galline spartendole poi con il cane Melampo in cambio del suo silenzio: propongono a Pinocchio lo stesso accordo; Pinocchio finge di accettare, ma poi rinchiude le faine nel pollaio e avverte il proprietario del campo, che per ringraziarlo lo libera. Il burattino arriva finalmente alla casa della Bambina dai cappelli turchini la Fata, ma trova soltanto una pietra di marmo con inciso che in questo posto:,,... giace la bambina dai capelli turchini morta di dolore per essere stata abbandonata dal suo fratellino Pinocchio...” [Ivi, p. 152.] Mentre piange disperato porta un‟altra lezione per i piccoli lettori dicendo:,,...O fatina mia, perché sei morta?...Perché, invece di te, non sono morto io, che sono tanto cattivo, mentre tu eri tanto buona? O Fatina mia, dimmi che non è vero che sei morta!... Se davvero mi vuoi bene...se vuoi bene al tuo fratellino, rivivici...ritorna viva come prima!...Non ti dispiace a vedermi solo e abbandonato da tutti? [...] Che vuoi che faccia qui, solo in questo mondo? Ora che ho perduto te e il mio babbo...”. [Ivi, p. 153.] A questo punto si avvicina un grosso Colombo che conosce l'identità del burattino, l‟ho avverte che Geppetto sta partendo per il nuovo mondo per cercarlo, attraversando l'Oceano con una barchetta che si è fabbricato da solo. Si offre di portarlo sulla sua schiena per raggiungere la spiaggia della partenza, distante più di mille chilometri. Ma mentre viaggiano, si fermano per la fame e mangiano le vece che gli danno la nausea, gli rivoltavano lo stomaco. Il Colombo sottolinea la nuove lezione educativa dicendo che:,,...La fame non ha capricci né ghiottonerie!...” [Ivi, p. 156.] Quando arrivano sul posto Geppetto che è appena partito, riconosce Pinocchio che lo chiama dalla spiaggia, ma non può più rientrare per la burrasca. E poco dopo Pinocchio vedendo un‟onda inghiottire la piccola barca per salvare suo padre si tuffa da uno scoglio e cerca inutilmente di raggiungerlo a nuoto. Ma dopo una notte di tempesta viene sbattuto sull'isola delle Api industriose. Sulla spiaggia incontra un Delfino, che gli indica la strada per arrivare al paese più vicino e lo informa che probabilmente il suo babbo era stato inghiottito da un terribile Pesce-cane che da qualche giorno sta infestando quei luoghi. Poi parlando con il Delfino, Pinocchio esprime un‟autocritica parlando di suo padre: ,,...Gli è il babbo più buono del mondo, come io sono il figlio più cattivo che si possa dare...”. [Ivi, p. 164.] Arriva al paese chiamato: ,,Il paese delle Api industriose” dove tutti lavoravano in cerca di elemosinare qualcosa per poter mangiare. Alcuni abitanti del paese, gran lavoratori, gli propongono di ricompensarlo in cambio di piccoli lavoretti come quelli che faceva per esempio l‟uomo che tirava due carretti pieni di carbone o un muratore, che portava sulle spalle un corbello di calcina ma Pinocchio rifiuta sempre. Dalle conversazioni fatte con dei lavoratori viene un‟altra lezione: ,,...Allora, ragazzo mio, se ti senti davvero morir della fame, mangia due belle fette della tua superbia e bada di non prendere un‟indigestione [...] Invece di fare il bighellone per la strada, va‟ piuttosto a cercarti un po‟ di lavoro, e impara a guadagnarti il pane!...”. [Ivi, p.p. 165-166.] Alla fine, costretto dalla fame, aiuta una donna a portare una brocca d'acqua a casa, e lei lo ricompensa con un bel pezzo di pane, e un bel piatto di cavolfiore condito e un confetto ripieno di rosolio: una volta sazio riconosce improvvisamente nella benefattrice la sua Fata che da bambina è diventata improvvisamente donna. La Fata lo perdona grazie al rimorso mostrato da Pinocchio davanti alla sua finta tomba: vuole considerarsi come sua madre e trasformarlo in un ragazzo in carne ed ossa, però prima per meritarselo deve essere un ragazzo per bene:,,...I ragazzi perbene sono ubbidienti, e tu invece...”. [Ivi, p.172] Desidera che il burattino frequenti la scuola e si cerchi un buon mestiere. Come una buona madre gli dà dei consigli : ,,...L‟ozio è una bruttissima malattia, e bisogna guarirla subito, fin da ragazzi: se no, quando siamo grandi, non si guarisce più. Queste parole toccarono l‟animo di Pinocchio...”. [Ivi, p.174.] Il burattino promette ancora una volta di voler cambiare e studiare, promette, e riesce a diventare il primo della classe. A scuola : ,,... tutti gli facevano mille carezze e tutti gli volevano un bene dell‟anima. E anche il maestro se ne lodava, perché lo vedeva attento, studioso, intelligente, sempre il primo a entrare nella scuola, sempre l‟ultimo a rizzarsi in piedi, a scuola finita...‟. [Ivi, p.178.] Alcuni suoi compagni, invidiosi, un giorno lo convincono a marinare la scuola per correre alla spiaggia dove, secondo loro, si poteva vedere il Pesce-cane che, secondo il delfino, aveva ingoiato Geppetto. In realtà è un trucco, e Pinocchio finisce per fare a botte con i compagni che vogliono convincerlo a diventare un ragazzaccio come loro: ,,...– E allora che cosa devo fare per contentarvi? – Devi prendere a noia, anche tu, la scuola, la lezione e il maestro, che sono i nostri tre grandi nemici. – E se io volessi seguitare a studiare? – Noi non ti guarderemo più in faccia, e alla prima occasione ce la pagherai! ...”. [Ivi, p. P. 183-184.] Durante la lotta con dei ragazzacci, un grosso libro di Pinocchio, tiratogli da un compagno, finisce per sbaglio in testa ad Eugenio, un altro compagno di classe di Pinocchio, che sviene. E anche durante il combattimento un grosso Granchio vuole fermare i ragazzi dicendo:,,... Smettetela, Birichini che non siete altro! Queste guerre manesche fra ragazzi e ragazzi raramente vanno a finir bene. Qualche disgrazia accade sempre!...”. [Ivi, p. 186.] Sentiamo chiaramente dietro questo ammonimento la voce d‟un insegnante, un maestro a scuola. Tutti scappano tranne Pinocchio che cerca di soccorre il suo compagno; due carabinieri, capitati per caso, lo arrestano credendo che sia lui il colpevole, ma Pinocchio riesce a fuggire.
Non potendolo raggiungere, i carabinieri lo fanno inseguire da un cane mastino, Alidoro, che aveva guadagnato il primo premio in tutte le corse. Pinocchio si getta nell‟acqua per salvarsi e Alidoro non potendo fermarsi ,,... trasportato dall‟impeto della corsa, entrò nell‟acqua anche lui ...”, [Ivi, p. 194.] rischiando però di annegare. Alla richiesta di aiuto da parte di Alidoro, Pinocchio lo salva, in cambio della libertà. Alidoro, riconoscente, promette di ricambiare il favore alla prossima occasione. Costretto a nuotare per sfuggire ai carabinieri, Pinocchio viene preso nella rete di un pescatore che lo prende per un nuovo tipo di pesce:,,...Dei pesci fatti a questo modo non mi ricordo di averne mai mangiati...”. [Ivi, p. 197.] Il pescatore lascia a Pinocchio la scelta di come vuole essere cucinato:,,... Desideri essere fritto in padella, oppure preferisci di essere cotto nel tegame colla salsa di pomodoro?...”. [Ivi, p. 198.] Pinocchio comincia a piangere, urlare, e a raccomandarsi. Quando il pescatore vuole proprio buttarlo sulla padella con l‟olio fritto il cane Alidoro, attratto dall'odore della frittura, arriva, lo riconosce e riesce a fuggire con il burattino in bocca, ricambiando così il salvataggio precedente e dando un‟altra lezione dicendo che:,,...in questo mondo bisogna tutti aiutarsi l‟uno coll‟altro...”. [Ivi, p. 203.] Pinocchio, rimasto senza vestiti e da solo va verso una capanna, si fa rivestire con un sacco da un vecchietto e apprende che Eugenio si sente bene e che è a casa sua. Rinfrancato, torna a casa della Fata, molto preoccupato di quello che essa possa pensare del suo comportamento: ,,...Come farò a presentarmi alla mia buona Fatina? Che dirà quando mi vedrà?...Vorrà perdonarmi questa seconda birichinata? [...] Scommetto che non me la perdona!...”. [Ivi, p. 206.] Arrivato di notte, sotto una pioggia scrosciante a casa della Fata, una Lumaca fa da cameriera e gli viene ad aprire la porta. La sua lentezza esasperante induce Pinocchio a perdere la pazienza: egli afferra con rabbia il battente che diventa un‟anguilla viva. Diventando sempre più accecato dalla rabbia dà un calcio alla porta, rimanendovi incastrato con il piede. Dopo nove ore la Lumaca arriva finalmente ad aprirgli però non potendolo liberare da quella scomoda posizione ma sentendo i lamenti di Pinocchio gli consiglia di contare le formiche per la strada. Poi gli porta la collazione composta però da cibi di gesso e di cartone e di alabastro. Dopo questa crudele lezione della Fata Pinocchio si comporta bene per il resto dell'anno: è il più bravo della scuola. La Fata, contenta, gli rivela che il giorno seguente sarebbe stato trasformato in un ragazzo in carne ed ossa dicendogli: ,,...- Domani finalmente il tuo desiderio sarà appagato! – Cioè? – domani finirai di essere un burattino di legno, e diventerai un ragazzo perbene...”. [Ivi, p. 209.] Andando a invitare alla festa di domani i suoi amici Pinocchio promette alla Fata di ritornare prima della notte. La Fata lo avverte che ,,... i ragazzi che non danno retta ai consigli di chi ne sa più di loro, vanno sempre incontro a qualche disgrazia...”. [Ivi, p. 213.] Aveva tra i suoi amici e compagni di scuola uno prediletto che si chiamava Romeo detto "Lucignolo" lui era: ,,...il ragazzo più svogliato e più birichino di tutta la scuola...”. [Ivi, p. 214.] Pinocchio voleva invitarlo alla festa. Dopo averlo cercato a lungo, lo trova sotto un portico di una casa di campagna dove stava aspettando un carro che lo avrebbe portato al Paese dei Balocchi, un paese dove:,,... non vi sono maestri: lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola: e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica [...] le vacanze dell‟autunno cominciano col primo di gennaio e finiscono coll‟ultimo di dicembre...”. [Ivi, p. 215.] Pinocchio aspetta con Lucignolo la mezzanotte per salutare la sua partenza, ma all'arrivo del carro guidato da un omino grassottello, si fa convincere e parte con loro. All'arrivo nel Paese dei balocchi i due amici si divertono pazzamente e diventano amici di tutti. Dopo cinque mesi vengono magicamente trasformati in asini e questa trasformazione era per Pinocchio e il suo amico una tremenda esperienza. Una Marmotta, vicina di casa attirata dalle sue grida disperate gli pronostica una "febbre da somaro". In tempo di due o tre ore Pinocchio si sarebbe completamente trasformato in un somaro; questa malattia secondo la Marmotta, colpisce i ragazzi che passano troppo tempo a divertirsi, invece di studiare; così Collodi ci dà un‟altra lezione per i bambini disobbedienti. Pinocchio corre a cercare Lucignolo, e quando lo trova scopre che anche a lui sono cresciute le orecchie da somaro. Ma i ragazzi non sapevano ancora che cosa sarebbe successo ,,... quando si videro colpiti tutt‟e due dalla medesima disgrazia, invece di restar mortificati e dolenti, cominciarono ad ammiccarsi i loro orecchi smisuratamente cresciuti, e dopo mille sguaiataggini finirono dare una bella risata...”. [Ivi, p. 237.] Ma dopo questa risata segue un momento brutto nel quale si accorgono che a ognuno di loro spunta da dietro la coda. ,,... vinti allora dalla vergogna e dal dolore, si provarono a piangere e a lamentarsi del loro destino...”. [Ibidem.] Appena completata la trasformazione l'Omino del carro li conduce alla piazza del mercato per venderli. Egli, infatti, era diventato milionario raccogliendo i ragazzi svogliati per il mondo e conducendoli al Paese dei Balocchi, dove diventavano in poco tempo dei veri somari che lui poteva vendere al mercato. ,,...Lucignolo fu comprato da un contadino a cui era morto il somaro il giorno prima, e Pinocchio fu venduto al direttore di una compagna di pagliacci e di saltatori di corda che lo comprò per ammaestrarlo e per farlo poi saltare e ballare insieme con le bestie della compagnia...”. [Ivi, p. 241.] Ora, in questa triste condizione, gli viene in mente il pensiero che: ,,... sarebbe stato meglio che avessi continuato a studiare! [...] Che almeno la mia disgrazia possa servire di lezione a tutti i ragazzi disobbedienti e che non hanno voglia di studiare. Pazienza!...”. [Ivi, p. 243.] Dopo tre mesi di duri esercizi, tra frustate e cibo di paglia, Pinocchio fa il suo debutto nello spettacolo, danzando e saltando nel cerchio. Durante lo spettacolo Pinocchio intravede tra il pubblico la Fata, che porta al collo un medaglione con il suo ritratto e che poco dopo scompare. Pinocchio volendo fermarla le grida dietro ma invece della voce umana gli esce dalla gola un raglio così sonoro e prolungato, che fa ridere tutti gli spettatori. Distratto da questa visione, nel saltare un cerchio Pinocchio cade malamente e rimane azzoppato. A questo punto il Direttore non può fare altro che venderlo al mercato, dove viene acquistato da un uomo, unicamente per la sua pelle, e che vuole ricavarsene un tamburo per la banda musicale. Il compratore gli lega un sasso al collo e lo getta da uno scoglio al mare per affogarlo. Quando lo ritira a galla, scopre con grande stupore che il somaro è diventato un burattino di legno; Pinocchio spiega al compratore che un branco di pesci, mandato dalla Fata, aveva mangiato il corpo di somaro che lo rivestiva, restituendolo alla precedente forma di burattino. Il compratore vuole rivenderlo come legna da ardere per rifarsi della spesa, ma Pinocchio, con un salto, si rifugia nel mare.
Nuotando nel mare Pinocchio vede su uno scoglio bianco una capretta azzurra, lo stesso colore dei capelli della Fata; mentre sta nuotando per raggiungerla, però, un mostro marino si avventa su di lui per inghiottirlo. Nell'interno del Pesce-cane, Pinocchio incontra un Tonno filosofo che aspetta di essere digerito e che invita il burattino a rassegnarsi anche lui al proprio destino. Ma Pinocchio intravede una luce lontana, e avvicinandosi, con grande gioia ritrova suo padre Geppetto: ,,...A quella vista il povero Pinocchio ebbe un‟allegrezza così grande e così inaspettata, che ci mancò un etto non cadesse in deliro...”. [Ivi, p. 260.] Geppetto era stato inghiottito dal Pesce-cane mentre attraversava l'oceano nella sua barchetta. Geppetto che viveva là da due anni era riuscito a sopravvivere fino a quel momento grazie ad un bastimento mercantile carico di ogni genere di conforto ingoiato dal Pesce-cane insieme a lui. Le scorte di viveri stanno però per finire, e Pinocchio ha un'idea per fuggire. Approfittando dell'asma e di palpitazione del cuore del Pesce-cane, che lo costringono a dormire a bocca aperta la notte, raggiunge piano piano la bocca, scavalca i tre filari di denti e si getta assieme con suo padre in mare. Pinocchio, nuotando con Geppetto a cavalluccio sulle sue spalle incoraggia il padre, sopraffatto dalla stanchezza a non mollare. A questo punto il Tonno, che era fuggito dal Pesce-cane imitando il loro esempio, vedendo il burattino e suo padre in difficoltà , arriva in soccorso e li trasporta sulla sua groppa fino alla riva.
Giunti sulla terra ferma Pinocchio e Geppetto salutano il Tonno. Poi incontrano il Gatto e la Volpe, invecchiati e ridotti allo estremo delle forze, che chiedono la carità. Pinocchio a tal punto gli risponde con dei proverbi dandogli una lezione:,,...I quattrini rubati non fanno mai frutto [...] La farina del diavolo va tutta in crusca...”. [Ivi, p. 271.] Dopo poco tempo i due trovano una capanna di paglia e bussano alla porta. Una vocina li invita ad entrare. Era la voce del Grillo- parlante, che insegna a Pinocchio che:,,... in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno...” [Ivi, p. 272.] e poi afferma di aver avuto in dono la capanna da una capretta dalla lana turchina e così Pinocchio sa che la regalo viene dalla Fata. Il burattino e Geppetto si sistemano nella capanna del Grillo, e il burattino va in cerca di un po' di latte per Geppetto. Va dall'ortolano Giangio dove lavora tirando da una cisterna 100 secchi d'acqua per annaffiare le piante in cambio di un bicchiere di latte. L'ortolano gli dice che prima questo lavoro lo aveva fatto il suo ciuchino, ormai in fin di vita. Il burattino si accorge che il ciuchino è il suo amico Lucignolo, che muore in quel momento ,,...rifinito dalla fame e dal troppo lavoro...” [Ivi, p. 274.]
Per cinque mesi Pinocchio grazie al lavoro dall'ortolano, e con qualche lavoretto per arrotondare, riesce a mantenere se stesso e Geppetto, dedicandosi nel contempo allo studio. Costruisce anche un piccolo carrettino per portare il suo babbo a spasso. Un giorno, mentre va a comprare dei vestiti da quaranta soldi che aveva potuto mettere da parte, incontra la Lumaca, cameriera della Fata. La Lumaca lo informa che la sua padrona giace in un letto d'ospedale, colpita da mille disgrazie, povera e malata. Pinocchio le offre generosamente tutti i suoi quaranta soldi di rame e alla domanda fatta da Lumaca sui vestiti rispose:,,...- Che m‟importa del vestito nuovo? Venderei anche questi cenci che ho addosso, per poterla aiutare!...” [Ivi, p. 277.] e promette alla Lumaca di lavorare ancor più duramente per aiutare la Fata. Quella stessa notte la Fata gli appare nel sogno, bella e sorridente, e gli dice che per il buon cuore dimostrato assistendo suo padre Geppetto, lo perdona dicendo queste parole:,,... – Bravo Pinocchio! In grazia del tuo buon cuore, io ti perdono tutte le monellerie che hai fatto fino a oggi. I ragazzi che assistono amorosamente i propri genitori nelle loro miserie e nelle loro infermità, meritano sempre gran lode e grande affetto, anche se non possono esser citati come modelli d‟ubbidienza e di buona condotta...” [Ivi, p. 278.]
Al risveglio Pinocchio si accorge di essersi trasformato in un ragazzo in carne ed ossa. la capanna è diventata una bella casetta, i suoi vecchi vestiti si sono trasformati in nuovi e in tasca si trova un portamonete d'avorio con un biglietto. La Fata gli aveva restituito i quaranta soldi e lo ringraziava per il suo buon cuore. Ma i soldi erano diventati quaranta zecchini d'oro. Anche Geppetto si era trasformato. Ritornato l'arzillo vecchietto di una volta Geppetto riprende il vecchio mestiere di intagliatore in legno. Sorridendo, gli indica un burattino appoggiato su una sedia, era un vecchio involucro di Pinocchio che si rivede come una buffa marionetta, contento di essere ormai diventato un ragazzino perbene.
4. Pinocchio e l’interpretazione pedagogica.
Come sottolinea Rosanna Dedola la chiave interpretativa di Pinocchio può essere molto varia. Lei ha scelto quella junghiana che: ,,... significa non dare per scontato alcun elemento della sua biografia, e quindi non fermarsi al puro dato biografico. L‟esperienza della morte dei fratellini, per esempio: un‟esperienza come questa sicuramente segna un bambino. Quando ci si chiede da che cosa nasce il mistero della bambina dai capelli turchini morta, ecco, io penso che forse affonda in quel dolore che Collodi ha vissuto durante l‟infanzia [...] Già a vent‟anni aveva combattuto perché gli italiani diventassero cittadini, liberandosi da una condizione di sudditanza. All‟indomani della nascita dell‟Italia egli sente il bisogno di educare giovani piccoli italiani. Tutto questo senza retorica, e anzi attraverso una concezione pedagogica modernissima, che rompeva completamente con la pedagogia allora dominante...”. [Giovanni Sorge, Rileggere Pinocchio, op. cit., pp. 16-17.] Ognuno può trovare in quel libro quello che desidera trovare, ad esempio Pietro Pancrazi scrive: ,,... Potrei dire che nelle pagine di Pinocchio ricerco i segni di un' infanzia lontana ; i ricordi vaghi, le incerte impressioni della prima lettura ; per vedere se mi riuscisse davvero, attraverso Pinocchio, di ritrovare me stesso bambino [...] per riaccendere ancora e controllare nella lettura le impressioni nuove, su quelle vecchie ; le illusioni che restano, su quelle cadute; per il bel gusto, alla fine, di tirare ogni anno le somme di un bilancio [...] Oppure le pagine del vecchio libro hanno ogni anno insegnamenti nuovi; e le avventure di Pinocchio a chi le sappia guardare con altri occhi, ogni volta offrono una morale diversa, un significato nuovo; confacenti ogni volta all'animo, all'aspettativa di chi torna lì ...”. [Pietro Pancrazi,Venti uomini, un satiro e un burattino,Vallecchi Editore, Firenze 1943 pp. 282-283.]
Come possiamo leggere Pinocchio? Ogni puntata del libro può essere letta come un racconto a parte, chiuso e completamente definito nel suo soggetto. Può essere presentato come un libro a puntate oppure tutto intero come un ciclo di avventure che durano un certo tempo. Italo Svevo vede nella sua particolare forma il segreto del grande successo di questo libro: ,, .. in cui sembra che nulla sia calcolato, che la trama sia decisa volta per volta a ogni puntata ..” [Italo Calvino, Saggi ,1945-1985, op. cit., p. 175.] .Infatti Collodi arrivato con le avventure del suo Pinocchio al punto in cui il burattino è stato impiccato, potrebbe finire il racconto, lasciando così un severa lezione pedagogica: così finiscono i burattini che non erano obbedienti. Ma la storia se terminasse in tal modo risulterebbe fin troppo crudele. Italo Calvino considera Pinocchio come un modello di narrazione d‟avventura e crede che la sua influenza è conscia o più spesso inconscia per ogni scrivente della lingua italiana, dato che questo libro è il primo libro che tutti incontrano dopo l‟abbecedario o ancora prima. Calvino scrive: ,,… Insomma la Storia di un burattino può essere letta come un radicale rovesciamento di quei valori pedantemente trasmessi dagli altri collaboratori del << Giornale per Bambini>>. Vediamo di chiarire con qualche esempio: i colleghi di Collodi scrivono in ogni occasione che i bambini devono ascoltare i buoni consigli dei<< maggiori>> e non mettere bocca nei discorsi senza essere interrogati; l‟adulto diventa così una storia di re da guardare con deferente rispetto e ammirazione. Collodi esordisce, invece, presentando due adulti ( maestro Ciliegia e Geppetto) che litigano […] Il mondo alla rovescia propone così gli uomini come burattini e il burattino come << fanciullo>> divino irresponsabile fino al limite della malignità e della cattiveria, al di fuori di ogni legge, e di ogni coscienza morale …” [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit., p 52.]
In ogni persona c‟è un po‟ di questo burattino, anche se tutte le cose, tutti gli aggettivi che caratterizzano quel personaggio non sono positivi, perché il confronto tra bene e male, positivo e negativo, permette di riflettere sull‟umanità. ,,… Il fatto vero è che – come notò Benedetto Croce - << il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l‟umanità>> e dietro la finzione romanzesca, dietro i riferimenti al mondo popolare toscano, Collodi mette in gioco, i suoi umori, le sue ossessioni, i nodi della sua formazione”. [Ibidem.] Non abbiamo la possibilità di diventare umani se non con il confronto che stiamo compiendo ogni giorno con le cose buone e con le cose brutte. Ma per questo proprio servono le favole: così come dice Dedola:,,... l‟ingresso nel mondo delle fiabe è un‟esperienza chiave: si entra in contatto con conflitti psichici profondi, ma anche con il tentativo di esprimerli attraverso simboli rappresentati dai vari personaggi...”. [Giovanni Sorge, Rileggere Pinocchio, op. cit., p.13.] Tutto quello che ci circonda ha un aspetto positivo o negativo anche se non tutto è solo bianco o solo nero, anche se nella vita ci devono essere colori intermedi. Inoltre,,... Sappiamo oggi che per amore dei figli nascondiamo un mondo crudele: eppure rischiamo di dimenticare che la repressione educativa è incompleta per la sua stessa persistenza, e che la libertà<>a cui aspira la prima infanzia sopravvive nascostamente fino a sfociare nelle ribellioni e nelle follie << inaccettabili>>dell‟adolescenza. L‟adulto vince ma vince male...”. [Giovanni Jervis, Prefazione, in Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p.XXVI.] Dipende dalla società che definisce i nostri gusti e valori, quale strada prenderemo. Tante volte siamo capaci di scegliere la strada giusta altre volte invece imbocchiamo quella sbagliata. La vita e un continuo movimento di scontri positivi e negativi. ,,...Collodi [...] coi due personaggi di Giannetino (1875) e di Minuzzolo (1877) introdusse nella narrativa pedagogica il tipo del ragazzo vero, reale, con uno sfondo di bontà, di entusiasmo ma anche di furberia, spesso discolo o monello; e questo tipo di ragazzo troverà la sua più libera espressione nel burattino de Le avventure di Pinocchio...”. [Mario Casta, Letteratura italiana per le scuole medie superiori, 3 l‟Ottocento e il Novecento,Copiright Edizione A.P.E., Milano, p.166.] Un‟altra voce ci dice sull‟ argomento che: ,,...In Pinocchio il pedagogismo non viene abbandonato: ma anziché risolversi in se stesso, si rivela nella propria contraddizione; l‟intento educativo, e semplificato nelle moralità del Grill parlante, si fonde con il sottile cinismo della città di Acchiappacitruolli...”. [Giovanni Jervis, Prefazione, in Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p.XXVII.] La nostra vita sembra coperta con un velo trasparente, lo stesso che copriva le Nife di Botticelli nel quadro,,Primavera”. Esiste un contrasto,,... fra il moralismo apparentemente così trito di taluni commenti e il sarcasmo di altri passi di Collodi...”, [Ivi, p.XXVIII.] come rileva Jervis, rischiando ,,...di nascondere quella che è la reale coerenza del processo narrativo...”. [Ibidem.] Siccome la vita è sempre coperta da questo velo non siamo sempre spinti a scegliere quel che è giusto per noi e così sbagliamo o confondiamo le cose, simili alla sorte del burattino di legno: ,,… Pinocchio è ancora prigioniero del <>, è informe, ma già sa esprimersi, lamentarsi, protestare: << esiste>> dunque, prima di essere modellato.” [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit., p 52.][Giovanni Sorge, Rileggere Pinocchio, op. cit., p.13.] Il processo che dobbiamo trascorrere deve durare, però di positivo c‟e che la vita anche se ci tratta male però ci da quasi sempre la seconda possibilità. Le avventure di Pinocchio rappresentano un percorso teso alla ricerca dell‟umanità. ,,...Nel suo infelice tirocinio Pinocchio non incontra mai dei valori assoluti, ma solo figure terrene, oppure le residue personificazioni, contrapposte e distorte, dell‟universo manicheo della prima infanzia. Anche queste ultime figure, tutte buone o tutte cattive ( La Fata,Geppetto, il Grillo da un lato, e dall‟altro l‟Omino di burro, La Volpe e il Gatto)...” [Giovanni Jervis, Prefazione, in Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p.XXVIII.],.. Le scelte del piccolo burattino non sempre sono giuste. Non possono essere giuste perché il burattino di Collodi è privo di un‟esperienza umana non poteva sapere nulla sul bene e sul male. Se non sappiamo che cosa nel mondo è apprezzato e che cosa è disprezzato lo dobbiamo imparare, così come impariamo un lingua stando nella nazione in cui si parla quella lingua. Se quell‟ambiente crea buoni esempi allora in funzione di questo reagiremo in futuro. Cosi si mostra lo scetticismo tra il narratore ( una persona grande) e un lettore infantile (una persona piccola) ovviamente per il quale è destinato il romanzo, come nelle Favole di Perrault. Leggendo le avventure di Pinocchio si vede la strada percorsa da quel fanciullo per arrivare alla fine di essa da vincitore, nonostante le brutte vicissitudini capitate lungo il percorso. Mi viene in mente che questa strada viene attraversata da ognuno di noi quando sbagliamo, quando compiamo qualche leggerezza che comporta conseguenze gravi. Così era la strada del nostro eroe che ricevette tanti segnali, tante istruzione dai personaggi che incontrava. ,,..Nelle Avventure l‟apprendimento della morale degli adulti risulta un gioco nel quale gli adulti sono tutto, e la morale non è che il loro specchio di comodo. L‟errore più comune degli esegeti di Pinocchio è stato di ritenere che le sue gesta paesane e fantastiche siano la storia di una catarsi, la maturazione dilazionata e, come dice Santucci, stancata nelle avventure, di un burattino che si fa bambino, di un essere semiuomo e istintivo che giunge al mondo dei valori costituiti e diventa infine un essere morale, un adulto in nuoce, un ragazzino grande e maturo...” [Ibidem, p.XXVIII] Per Pancrazi invece ,, Vien sempre il momento che non vorrebbero esser guardati dai figli con gli occhi che loro stessi gli han fatti. Ma non sciupiamo la morale semplice di Pinocchio. Perché Pinocchio, si sa, è una storia morale. Insegna com'è che da burattini di legno si può diventare uomini; attraverso quali esperienze bisogna passare, quali insegnamenti, quali avventure. Come tutti i poveri, Pinocchio è un autodidatta. Ma la sua morale non è eroica com'è spesso la morale di coloro che imparano da sé; non insegna grandi virtù, non addita conquiste impossibili. Pinocchio mostra cuor buono e generoso: è pronto al sacrificio ogni volta che può salvare o aiutare qualcuno. E questo è importante. Per il resto, la sua è una morale bonaria, affidata quasi sempre, invece che all'inutile esperienza degli uomini, alla saggezza mitica delle bestie.... Anche in ciò è una morale classica ...”. [Pietro Pancrazi, Venti uomini, un satiro e un burattino,op. cit., p. 289.]
Ampliando il raggio d‟azione delle nostre considerazioni sulla pedagogia vorrei notare come la voce di Calvino si concentri sull‟aspetto simbolico dell‟opera. In un convegno a Pescia su << La simbologia di Pinocchio>> come scrive Calvino,,... è nato un agile volumetto ....<< C’era una volta un pezzo di legno>>, La simbologia di Pinocchio, Atti del Convegno organizzato dalla fondazione nazionale Carlo Collodi”. [ Italo Calvino, Saggi 1945‟1985, op. cit., p.176.] Dove come un pezzo forte si presenta un saggio di simbologia cristologica: Ecce Puer di Gian Luca Pierotti. Dove viene presentata l‟idea di leggere la storia di questo figlio putativo fatto d‟un legno parlante come una allegoria di Gesù Cristo. A me sembra un‟esagerazione. Tuttavia le idee della interpretazione possono essere diverse. Dipende quale idea si vuole affrontare. Se prendiamo come soggetto la stilistica o i vari argomenti che venivano trattati da Collodi come li presenta Calvino, l‟idea di trattare Pinocchio come una allegoria di Gesù Cristo non è stata nuova. Già nel 1942 era stato presentato un libro di Bargellini su questo argomento. I punti di riferimento di Pierotti ,,...non soltanto i Vangeli canonici ma quelli apocrifi ( dove l‟infanzia d‟un Gesù monello o addirittura discolo ha grande parte), le tradizioni e leggende (come quelle riguardanti la simbologia del legno: la verga di Giuseppe, l‟albero di Jesse, l‟albero dell‟Eden che diventa il legno della croce, il ceppo natalizio), aspetti poco noti del folclore (come le rappresentazioni sacre del teatro di marionette in tempo di Quaresima, che si facevano ancora nella Firenze di cent‟anni fa) l‟iconografia popolare( le madonne a stampa colorate a mano, con azzurro del manto che stringeva sui capelli; la lumaca come emblema di verginità). [Ivi, p.177.] Poi continuando il nostro pensiero sulla morte leggiamo da Boero che : ,, … Chi muore, secondo gli schemi tradizionali del << racconto morale>>, deve servire a qualcosa, lasciare un ricordo, un detto memorabile, una benedizione e chi ha fatto l‟elemosina. La bambina dai capelli turchini lascia come detto memorabile all‟implorante Pinocchio obiettiva e grottesca […] contribuisce alla carnevalizzazione della letteratura educativa tradizionale: chi muore come Cristo è un burattino di legno …”. [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit., p 54.]
Ma non andiamo cosi lontano nella ricerca della critica collodiana , più ci interessa l‟aspetto istruttivo. Ho confrontato molte guide pedagogiche polacche per approfondire gli argomenti studiati alle lezioni nelle nostre scuole come per esempio: ,,Lettura per la quarta elementare” [Jolanta Kulikowska, Lektury klasa 4, problematyka dokładne streszczenia,Copyright dy Wydawnictwo WERSET 2000, Mława, pp.55-69.] o ,,Lezioni della lingua polacca nella quarta elementare” [Lucyna Krakowiak-Miler, Jolanta Olejak, Barbara Stworowa ,Lekcje języka polskiego klasie IV szkoły podstawowej:Propozycja metodyczna, Copyright dy Wydawnictwo ,, INNOWACJE”, Goleszów 1996, pp.151-156.] quelle citate sono utilizzate dagli insegnanti polacchi come guide pedagogiche. I principali argomenti trattati e proposti parlano proprio della trasformazione o della morale, vengono analizzate le parole dette dai protagonisti. ,,... E le parole stesse del libro, umili e sicure, parole evidenti, da toccare, come i dadi bianchi di legno che servono ai bambini per fabbricare per gioco le loro case, i loro campanili.... ; quello stesso scrivere onesto e piano concilia il lettore (e non soltanto il lettore bambino) alla morale modesta e solida di Pinocchio. Alcuni capitoli potrebbero far pensare uno scrittore più d'una lezione di estetica. Se rileggete Pinocchio, vi accorgete che ogni volta che il racconto volta all' inverosimile, le parole si fan più chiare e precise...”. [Pietro Pancrazi, Venti uomini, un satiro e un burattino, op. cit., p. 291.]
Mi domandavo se un semplice burattino fatto di legno da un falegname potrebbe essere fatto di stoffa morbida? La domanda si fa durante le lezioni della lingua polacca lavorando con la lettura. Perché una scelta del materiale simile - legno? È vero che 100 anni fa molte marionette erano fatte di legno ma anche della stoffa che è morbida e soffice. Nell‟America quell‟ultimo materiale era molto popolare nell‟arte che stava nascendo pian piano – patchwork o quilitz ma nello stesso momento gli avanzi di stoffe facevano una grande carriera in Italia, in particolare a Venezia dove la stoffa veniva utilizzata durante il carnevale per la produzione di stupendi capi di abbigliamento. Nei tempi di Collodi tanta gente non si poteva permettere delle stoffe belle per fare i pupazzi quindi il materiale più popolare non era affatto seta ma lana come sappiamo dalla storia, invece il materiale più popolare che serviva alla gente da secoli per costruire le cose, riscaldarle, costruire le navi era legno che è stato molto apprezzato in zone ricche di boschi, come l‟Italia centrale e Settentrionale. “..Pinocchio fu in origine un pezzo di legno. Uno come lui non poteva che nascere dal legno. Il rame, poniamo, o il ferro o il bronzo non avrebbe potuto generarlo. Nel regno inanimato certamente il legno è la materia più adeguata all‟incanto delle metamorfosi. Il mistero che presso gli antichi circondava gli alberi divenne tutta una serie di favole, miti, leggende. Del resto un albero è già forse una creatura umana fermata in un momento di estrema condanna o di assoluta felicità ( perciò i contemporanei distruggono gli alberi, non ammettendo che mezzi termini e sentimenti combinati di burocrazia e di prudenza). Di legno fu la prima casa in cui vivemmo; di legno la prima imbarcazione a cui affidammo il nostro coraggio; di legno l‟arca, ossia la salvezza. Il pezzo di legno dal quale Pinocchio nacque, in principio era destinato a diventare una gamba della tavola. Un‟ascia lo colpì e lui sentì dolore. Era un antico dolore....”. [Luigi Campagnone, Commento alla vita di Pinocchio, Napoli 1966, p.9.]
Inoltre in quella storia troviamo il grande affetto d‟un uomo in carne ed ossa per un pezzo di legno che sta diventando bambino. E‟ il suo maestro, come sappiamo, l‟ama tanto, è stato capace per lui di grandi sacrifici. L‟ama cosi tanto perché la vita non gli ha offerto molto. Durante la sua modesta esistenza non aveva sufficienti mezzi per poter trascorrere la vita senza preoccupazioni e problemi eppure l‟amava come solo un genitore po‟ amare, l‟amava con tutti i suoi difetti. Quel piccolo burattino si avventurava nella vita rallegrando e portando di continuo preoccupazioni. Mostrava i difetti e la morale dell‟uomo non tanto elevata ma piuttosto pratica. Come commenta Hazard: ,,...Sarebbe il nostro Pinocchio un opportunista? Confessiamo che la sua morale non è né sublime né elevata; è pratica. Se si dovessero riassumere i precetti del libro, ecco ciò che si avrebbe: vi è una giustizia immanente che ricompensa il bene e punisce il male: e poiché il bene è vantaggioso, bisogna preferirlo. Il fanciullo che si picchia con i suoi compagni, o marina la scuola, o che ascolta i consigli degli amici occasionali anziché obbedire ai suoi genitori, che non mantiene le sue promesse, avrà la punizione delle sue colpe; il castigo verrà per vie inattese, ma sicuramente. [...] La morale sociale si riduce a una legge di scambi. Mostrarsi amabili, affabili, generosi significa assicurarsi dei diritti a essere contraccambiati. Il prossimo è quell‟ insieme di esseri innumerevoli e misteriosi che si mostrano riconoscenti quando sono stati trattati bene, ma che non dimenticano i torti e le offese. Due proverbi si ripetono nella storia: ,,quel che è fatto è reso”, e ,, i casi sono tanti...”. [Giovanni Jervis, Prefazione, in Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, op. cit., p.XXXI.] A proposito della domanda fatta all‟inizio, penso che Pinocchio non poteva essere fatto di stoffa perché ha di più cose comuni con il legno. Ci sono molti aggettivi con i quali si può descrivere Pinocchio. Questi aggettivi sono comuni per il legno e per il piccolo burattino. Il legno può essere non solo tiepido come la stoffa ma caldo, arde e prende facilmente fuoco cosi lui si accendeva facilmente per le cose nuove, per le nuove avventure, il cuore invece è propenso ad accendersi per l‟amore. Il legno è leggero come era Pinocchio che non pesava molto. Correndo per le strade Pinocchio faceva tanto rumore: lo stesso che fa il legno quando cade. La stoffa cadendo per terra non fa tanto rumore. Il legno è facile da lavorare è anche fragile come fu Pinocchio che aveva il cuoricino buono, pieno d‟amore, credulone. A questo punto si potrebbe aggiungere una nota che potrebbe spiegare gli errori comuni fatti dal punto di vista moralistico su Pinocchio. Secondo Paul Hazard: ,,...Quest‟immaginazione capricciosa, e questo senso molto pratico della condotta della vita, non sono necessariamente incompatibili; e si può benissimo concepire una psicologia abbastanza elastica, per passare dal dominio dei sogni a quello delle realtà concrete..” [Ibidem.] Dall‟altra parte sappiamo che era buono, amava profondamente, lo dimostra l‟amore per la fata, ma anche lui aveva aspetti spigolosi come tutti i monelli. Faceva tante birichinate. E a questo proposito devo condividere la parola di Jervis che scrive: ,,...Pinocchio non ha una psicologia abbastanza elastica: in fondo, egli non impara mai. I suoi pentimenti sono effimeri quando clamorosi, le sue cadute prive di dignità, e l‟utilitarismo lo sfiora continuamente ma non lo convince. [...] È evidente che Pinocchio non ha questo buon senso, ma se da un lato non apprende mai a vivere secondo le regole stabilite della pedagogia, non riesce neppure a esplicarsi in una rivolta dotata di un qualche significato. Si sarebbe quindi tentati di concludere che Pinocchio, né eversivo né reazionario è una sorta di antieroe...”. [Ivi, p.XXXII.]
Pinocchio è stato visto come un conservatore da Mazzucco (1966), come il motore di nuove sequenze narrative della critica strutturalista, come il riflesso di un lato oscuro o inconscio di Collodi, come segno di una sua vena scettica e mordace in contrapposizione con quella moralista del pedagogo e del burocrate (G. Jervis). In realtà, al di là dei raffinati studi compiuti nell'ambito dei convegni organizzati dalla Fondazione Nazionale, la figura di Pinocchio, beffarda e commovente, elementare e imprevedibile, continua a stupirci e a farci divertire. Il suo è un viaggio della (e nella) conoscenza, un racconto di formazione in cui spesso una tappa segna anziché una progressione, il ritorno al punto di partenza. Al momento della nascita da un pezzo di legno Pinocchio segue gli istinti elementari: si libera dalla fastidiosa presenza del Grillo parlante, cerca qualcosa da mangiare, tenta di scaldarsi addormentandosi con i piedi troppo vicini al fuoco. Viene poi l'ora dell'ingresso nel mondo: Pinocchio vende l'Abbecedario per andare allo spettacolo dei burattini, rischia di fare una brutta fine, scopre che dietro l'aspetto burbero di Mangiafuoco può nascondersi un cuore buono e generoso. Memorabile è l'incontro con il Gatto e la Volpe e l'episodio dell'osteria del Gambero Rosso (in cui alcuni hanno visto un richiamo all'esperienza di Renzo nei "Promessi Sposi"). Inseguito e raggiunto dagli assassini Pinocchio viene impiccato alla quercia grande e salvato della Fata turchina, in grado di compiere ogni incantesimo e miracolo. Ma Pinocchio deve ancora cadere nell'errore, seminare le sue monete nell'orto indicato dal Gatto e la Volpe, fare la guardia a un pollaio legato a una catena, partire con Lucignolo alla volta del Paese dei Balocchi, essere trasformato in asino e gettato in mare. Con il ritrovamento di Geppetto è l'inizio di una nuova vita, Pinocchio perde la sua forma di burattino e viene trasformato in un bambino in carne e ossa che finalmente può godere il dono della vera libertà.
Come scrive Giovanni Jervis: ,,...La realtà di Pinocchio è molto più umile, tutt‟al più ha una sua particolare dimensione tragica, in quanto egli non riesce mai riconciliarsi con se stesso in modo coerente, concludendo in qualche modo il tentativo sempre rinnovato di conquistare una identità e una autonomia. Le sue avventure non possono dunque mai aver fine, e se<> ciò significa che la provocazione del<> apre ogni volta un nuovo impulso a riprendere la partita..” [Ibidem.]
Il dubbio però che Pinocchio abbia alla fine deposto insieme al suo corpo di legno, il carattere curioso, beffardo e ribelle, lascia un po' di amaro in bocca e si rispecchia nella libera interpretazione del romanzo recentemente tentata da un'autrice austriaca Christine Nostlinger. L‟autrice nella sua prefazione al Nuovo Pinocchio afferma: ,,...scoprirai ad esempio che qui i grandi risultano a volte un po' noiosi, scoprirai che quando si sceglie l'avventura non si viene necessariamente puniti ma può certo capitare di restare a tratti delusi, scoprirai infine quello che in fondo già sai e cioè che Pinocchio non è mai cattivo: vuol solo fare tutto di testa sua, al costo di... farsi male al naso".
Ma tornando di nuovo alla interpretazione di Giovanni Jervis leggiamo che: ,,... Pinocchio è un ribelle mancato ma anche, perpetuamente, un bambino mancato: ciò che può riscattarlo è la sua voglia, ma essa lo condanna anche a partecipare a un mondo soggettivo che è al di qua del bene e del male. Gli si può attribuire scarsa intelligenza e capacità di critica, debolezza di carattere, patologica miopia nelle previsioni, limitatissima elaborazione dei dati dell‟ esperienza, ma queste notazioni rimangono ancora puramente quantitative. Il carattere vagamente subumano lo farebbe rassomigliare a un monello, a uno stolido folletto, se per altri versi egli non fosse talmente reale e vicino alle debolezze infantili: così la vivace irresponsabilità che lo contraddistingue inquieta vagamente i fanciulli lettori, che scorgono in questo pupazzo, i cui primi atti sono di cattiveria, la caricatura di una libertà e di una ribellione che si lega fatalmente a un destino di sofferenza e di guai...” [Ivi, p.XXXIV.]
La lettura di Jervis è spesso affascinante, il suo pensiero sul Pinocchio è illuminante e ricco di suggestioni: ma qualche volta stupisce e spiazza un poco, come quando l‟autore scrive per esempio che la personalità di Pinocchio assomiglia ,,...per certi lati a una personalità psicopatica, a un delinquente minorile, a uno di quei bambini ipercinetici e simpaticissimi che vengono chiamati anormali del carattere, a un tipico, terribile problema educativo caratterizzato da difficoltà insormontabili nella introiezione della moralità, a un carattere infantile, impulsivo, cordialmente irresponsabile, attaccabrighe, generosissimo, ma incostante, credulone, dispettoso fino alla crudeltà, ingenuo, insensibile ai sentimenti più profondi eppure fondamentalmente leale...” [Ivi, p. XXXV.] Queste immagini mi appaiono troppo forti. Qui penso che l‟autore si sia spinto sino ad un punto che non considero condivisibile.
La figura di Pinocchio continua ad ispirare molti artisti, in direzioni molto differenti. E‟ il caso dell‟opera di Cattelan che riproduce dei bambini impiccati, opera ispirata al famoso primo finale del libro di Collodi. In Collodi e Cattelan abbiamo la terribile rappresentazione di due infanticidi. L‟uno e l‟altro nelle sue opere hanno impiccato i bambini. Il provocatorio artista contemporaneo Cattelan ha scelto una piazza di Milano per esporre la sua opera d‟arte: tre fantocci che sono legati con la corda intorno al collo, appesi ad una quercia secolare a piazza XXIV Maggio, nel cuore della capitale meneghina. La provocazione parte da l‟idea che ,,l‟arte serve anche a far discutere le coscienze,....” [Da WWW. genitori. It L‟articolo: Caso Cattelan , Moigr:”Prima di far discutere le coscienze si rispettino i bambini”.]
I tempi nei quali fu appeso Pinocchio non erano i tempi di Cattelan-. Come si vede non era il primo che voleva stupire. Già cent‟anni prima un grande genio letterario aveva appeso il suo eroe ad una quercia, descrivendo precisamente la corda che lo faceva morire lentamente come se si lasciasse morire di fame un bambino. Morte anche crudele perché davanti alla vista del mondo meraviglioso che lo circonda intorno alla natura che presenta l‟eternità. Un bambino che pian piano sta morendo di fame si può salvare grazie a qualche nuova idea, un semplice aiuto. Che cosa succederebbe se la storia fosse finita là? Possiamo solo immaginare che il legno come la corda cadendo sarebbe diventato parte integrante della natura che avrebbe coperto il corpicino di Pinocchio con il suo fogliame nel gesto di protezione, abbraccerebbe avrebbe finito per nutrirebbe le radici della quercia. E poi ,, … Se si volesse<< giocare>> con le congiunzioni di ridere e piangere, ci si accorgerebbe di come queste si appoggino in molti casi su altri verbi, e appartengono più al regno del movimento, del gesto teatrale che alla sfera del sentimento: quando piange, infatti, Pinocchio strilla, batte la testa,si lamenta, raglia, bofonchia, si dispera, compie, cioè, azioni da palcoscenico al punto che non ci stupiamo quando trova solidarietà fra i burattini di Mangiafuoco, suoi simili.” [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, op. cit., p 55.] Collodi non si presenta al pubblico come uno che punta con la propria arte a superare tutti i limiti. Il compito dell‟arte è creare immagini che ci stimolino a guardare la realtà in modo diverso, che ci facciano uscire dalla normalità. Quando questo succede è una sorpresa e un grande evento. Nello scambio tra fantasia, intuizione e suggestione degli eventi nasce la libertà dell‟espressione artistica. Come tutte le libertà non è garantita, va discussa. Anzi è il dialogo critico che garantisce all‟arte lunga vita. La metafora della violenza, attraverso l‟immagine di tre fantocci di bambini impiccati a un albero, colpisce al cuore perché ci costringe a guardare oltre la normalità dell‟informazione, e questo fa discutere. Fa discutere di più perché è in piazza XXIV Maggio, un luogo aperto di Milano, e non in un luogo protetto, come un museo o una galleria. Dopotutto la questione della violenza e del pericolo che riguarda l‟infanzia e gli adulti è sotto gli occhi di tutti, entra in tutte le case attraverso le informazioni, attraverso quello che la televisione trasmette, impone, senza possibilità per l‟utente di decidere. Discutiamo, ma non aboliamo le espressioni che turbano e provocano.
Chiusa questa parentesi, possiamo avvicinarci alla conclusione del nostro discorso su Pinocchio richiamando nuovamente le parole di Giovanni Jervis che con le sue parole scritte nella Prefazione può concludere questo discorso:,,... Poco male, si può aggiungere, finché con sovradeterminazioni più o meno immodeste, il libro venga considerato simbolo di un‟epoca e di una civiltà: ciò che appare più grave, è che gran parte degli scritti recenti sul Pinocchio siano divenuti semplici pretesti per dipanare moduli interpretativi del tutto estranei alle circostanze in cui fu scritto, alla personalità e alle opere precedenti del suo autore, alla sua temperie culturale. È il caso di tutti i saggi che hanno voluto trovare in Pinocchio una simbolica di qualsiasi tipo, da quella cattolica di Bargellini, a quella psicoanalitica di Servadino, a quella apertamente idealistica di Fazio- Allmayer, fino alle divagazioni che hanno prestato al libro significati antropologici del tutto generali.[...]... di Pinocchio istituzionalizzato si possa ormai scrivere qualsiasi cosa...” [Ivi, p.XXXV.]
Come scrive Sapegno,,...Accanto al "Cuore", l'altro libro per ragazzi che incontrò ed incontra tuttora, anche fuori d'Italia, una grandissima fortuna è il "Pinocchio" di un altro manzoniano, il Collodi: ed è un libro di qualità più fine, di più ilare fantasia, di più ricca, se pur dissimulata sapienza psicologica". Con queste poche parole Natalino Sapegno, nel suo "Compendio di letteratura italiana" del 1936, tenta una definizione di Pinocchio che sembra comprendere tutti i nodi problematici di una riflessione critica sul testo: quello di Collodi è realmente un romanzo per ragazzi? Quali sono gli elementi che ne giustificano la fortuna mondiale, le numerose traduzioni (anche in latino), le rielaborazioni (fra cui quella russa intitolata "La chiavetta d'oro"), le versioni a fumetto e quelle cinematografiche, da Walt Disney? L'ingresso di Pinocchio nella letteratura avvenne in realtà solo dopo più di quarant'anni dalla pubblicazione a puntate della storia del burattino sul "Giornale dei bambini" di Firenze. Fu infatti Pancrazi nel suo "Elogio di Pinocchio" (1922) a individuare nel romanzo la celebrazione dell'Italia umbertina, aprendo la strada alle successive interpretazioni politiche, filosofico- idealistiche, teologiche e psicologiche.L‟anglista Maria Stella ha inotlre sottolineato il contatto molto ravvicinato che si può stabilire tra Collodi e Dickens. Come Dickens anche Collodi due delle più grandi figure dell‟Ottocento in Europa,,... anche lui si era dimostrato pronto al sacrificio della vita, in grado di vivere slanci da eroe e insieme di non perdere la capacità d‟umorismo che sin da giovane lo aveva reso immune del sentimentalismo retorico cui molti, allora e anche in seguito, non riuscirono a sottrarsi...” [Giovanni Sorge, Rileggere Pinocchio,op cit., p.15.]
Il grande successo del ragazzino più famoso del mondo è evidente nella piazza centrale di Viù, un paese di montagna in provincia di Torino, dove si trova un Pinocchio in legno alto 6,53 metri e pesante circa 40 quintali. Posizionata lì nel novembre 2002, questa è probabilmente la statua in legno su pezzo unico più alta d'Italia (anche se per questo primato è ancora necessario il riconoscimento ufficiale da parte del Guinness dei primati). Rispetto all'originale di Collodi, porta sulle spalle una cartella in legno a simboleggiare la passata scolastica abitudine dei montanari. A Collodi, invece, si trova un Pinocchio di 15 metri di altezza, installato nel febbraio 2009. Tutti conoscono molto bene una trasposizione filmica del Pinocchio fatta dallo studio di Walt Disney nel 1943, ma il culto di Pinocchio e la riflessione intorno a questo meraviglioso burattino sono innumerevoli e non finiranno mai.
5. Streszczenie pracy w języku polskim.
Niniejsza praca stanowi element badań nad kontekstem pedagogicznym i możliwościami interpretacyjnymi dzieła znakomitego, które zostało przetłumaczone na ponad 120 języków, w tym łaciński. Dzieło to należące do klasyki, liczące obecnie ponad sto lat, dawało inspirację nie tylko dla wielu reżyserów ale i rzeźbiarzy, malarzy, muzyków i poetów. Zastanawiałem się nad tym, dlaczego tak bardzo się podoba i znalazło się w naszym kraju w kanonie lektur klasy IV. Odpowiedzi mogą się Państwo doszukać w tej pracy jak i w cytowanych dziełach. Jest to zarówno uczciwość z jaką autor podchodzi, jak i aspekt przygody zabarwiony nutą pouczenia w kontekście zarówno domu jako gniazda rodzinnego, jak i wartości, które z niego w procesie dydaktycznym wynosimy. Przygody Pinocchia Carlo Collodiego, nawet te najbardziej nieprawdopodobne mają znaczenie prywatności i bliskości dla wszystkich ludzi. Proces edukacyjny, który ma początek w naszych duszach odzwierciedla się w procesie asocjacji, w którym istotnym elementem jest edukacja. Jeżeli ktoś uważa, że książka ta jest przeznaczona tylko dla dzieci, na pewno się myli. To właśnie on bardziej niż jakikolwiek inny bohater przygodowy odzwierciedla naturę , którą my możemy określić jako wrodzoną każdemu dziecku skłonność do zabawy. O tych aspektach możecie Państwo przeczytać we wstępie niniejszej pracy.
Część druga jest przywołaniem okresu bardzo ważnego dla historii Włoch, którą nazywa się , możemy przełożyć na język polski jako odrodzenie się. Mowa o okresie, którego ruchy rewolucyjne zapoczątkowane w Hiszpanii znalazły swój wyraz w dążeniach narodowo-wyzwoleńczych na terenie Italii, w programach przywódców, którzy kierowali tymi ruchami w celu zjednoczenia narodu. W tym to właśnie okresie niepewności, pełnym zawirowań, europejskiej wiosny ludów, przyszedł na świat autor sławetnego dzieła, Carlo Lorenzetti, przydomek Collodi, który nie pozostał obojętny na niedolę narodu i jako patriota brał w nich udział w nadziei na zjednoczenie i uzyskanie przez naród praw konstytucyjnych. Mając szczęście bycia wychowanym w atmosferze kultury i nauki, będąc pod ochroną rodziny wykształconej i nowoczesnej w swoich przekonaniach jaką była rodzina Lorenzo Ginori, przypatrując się rozwojowi ekonomicznemu regionu, w którym panowały najbardziej sprzyjające warunki w zakresie rozwoju demokracji, miał możliwości pokierowania swoim życiem i wybrania zawodu. Jego narodziny możemy połączyć z narodzinami ruchu Giovine Italia, z ideami Giobertiego, d‟Azeglio, wyczynami braci Bandiera i z latami Carla Alberto oraz nadziejami jakie pokładał naród w zjednoczenie. Jestem przekonany, że te wydarzenia i osobowości miały ogromny wpływ na jego edukację. Już w 1846 roku burżuazja włoska odczuwała potrzebę większych swobód politycznych. Był członkiem ruchu Mazinniego, uczęszczał na zajęcia z dziennikarstwa, literatury jak i retoryki, i filozofii, aby następnie oddać się pracy bibliotekarza, która ukształtowała jego gusta pedagogiczne. Uczestniczy w 1859 roku w drugiej wojnie narodowowyzwoleńczej, po czym osiada na stałe we Florencji. Recenzje i artykuły wychodzące spod jego pióra zaprowadzą go na stanowisko sekretarza ministerialnego. W latach represji i poczynań rewolucyjnych, rządów Cavur zajmuje stanowisko redaktora gazety teatralnej, gdzie rozwija się jego talent komediopisarski. Poznany w końcu jako autor Pinocchia staje się także recenzentem teatralnym przy czym nie należy zapominać, że jego wszechstronna edukacja pozwoliła mu na zaistnienie w świecie literatury wraz z tłumaczeniami z języka francuskiego tekstów przeznaczonych dla dzieci. Po bajkach nadszedł czas na Giannetto i Minuzzolo. Niektóre z jego dzieł były opublikowane po jego przedwczesnej i tragicznej śmierci.
W części trzeciej pracy znajdziecie Państwo, przy okazji dokonania streszczenia przygód marionetki, która pragnie zostać człowiekiem, komentarze do poszczególnych fragmentów dzieła takich badaczy jak Giovanni Sorge, Pino Boero i Carmine De Luca, Giovanni Jervis, mające za zadanie ukazanie różnych punktów widzenia znanych włoskich badaczy zajmującymi się studiami nad tą książką.
Ostatnia część skoncentrowana jest na znaczeniu pedagogicznym dzieła. Rozpoczynając od interpretacji Rosanny Dedoli, Pietro Pancraziego, którzy poszukują znaków w odległej przeszłości autora jak i charakterystycznych dla dziecka, przez myśl Benedetto Croce poszukującego cech człowieczeństwa w marionetce, czy Jervisa doszukującego się w nim znaczenia uwięzienia, z którego należy się wyzwolić. Obok opinii pozytywnych, niedopatrujących się niczego złego w postępowaniu marionetki, przykład Christine Nostinger, która uważa, że kukiełka nie miała okazji aby nabyć pozytywnych nawyków, po pogląd jaki reprezentuje Kopsrovicius, przedstawiający Pinocchia jako bezczelnego, zuchwałego, bezwstydnego rozszalałego.
Podsumowując możemy przyjąć za Pino Boero co następuje: < Mnogość znaczeń oddana w tekście Pinocchia uczyniła go zdolnym do wywoływania fascynacji nie tylko na młodych czytelnikach, co potwierdzają liczne lektury, których jest podmiotem dociekań, badań uczonych o różnym podłożu kulturowym i nawet jeżeli nie jest to miejsce, aby oddać się odpowiedniej krytyce wystarczy sięgnąć po zawartość dokumentów konwencji z Pesci, aby zdać sobie sprawę z ożywionych dyskusji jakie prowadzono za każdym razem na najdelikatniejsze sprawy związane z tym dziełem>. [Pino Boero e Carmine De Luca, La letteratura per l’infanzia, GLF Editori Laterza , Roma - Bari. 2009, p.57. tłumaczenie własne.]
Wyświetleń: 0


Uwaga! Wszystkie materiały opublikowane na stronach Profesor.pl są chronione prawem autorskim, publikowanie bez pisemnej zgody firmy Edgard zabronione.